Arte di strada? Macché, «scarabocchi senza nessuna velleità artistica». E non solo il valore estetico dei graffiti è pari a zero, ma gli autori provocano anche «un serio danno» ai cittadini. Si trattasse solo di un'opinione personale, la si potrebbe archiviare come una semplice questione di gusto. Il problema, però, è che si tratta dell'opinione di un giudice. Meglio, delle motivazioni della sentenza con cui il giudice per le udienze preliminari Alessandra Clemente ha condannato due giovani writers a 6 mesi di reclusione con l'accusa - cosa mai successo fino ad oggi - di associazione per delinquere. I due graffitari, infatti, facevano parte di un «gruppo» che ha creato «un serio danno» per «i cittadini», perché «sui muri e sui mezzi della città, salvo poche eccezioni, si vedono solo firme senza nessuna velleità artistica, degli scarabocchi finalizzati solo a far conoscere il nome del writer e ad occupare il territorio».
Si chiamano «tag». Sono le firme con cui i sedicenti artisti di strada si auto-assegnano un pezzo di muro (o di metropolitana, o di autobus, ecc. ecc.) e su cui - in teoria - dovrebbe poi essere realizzato il graffito vero e proprio. Ma - come nota lo stesso giudice - questo non accade. Solo firme. Scritte senza senso. «Scarabocchi». Come «Sneg» e «Alfa», membri della famosa (almeno nel circuito dei writer) crew «Pts», che sono finiti sotto inchiesta dopo la denuncia presentata dal sindaco Giuliano Pisapia.
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