Il coltello al collo e le minacce: così Mohamed Zin ha attaccato la guardia giurata

L'egiziano è regolare ma non ha fissa dimora. Vive di furti e ha precedenti penali. Così ha eluso i controlli e preso in ostaggio l'agente

Il coltello al collo e le minacce: così Mohamed Zin ha attaccato la guardia giurata

"Getta il coltello a terra". Le intimazioni degli agenti cadono nel vuoto. Mohamed Zin non li sta ad ascoltare. Lì, nel retro coro del Duomo di Milano, brandisce un coltello e lo punta contro una guardia giurata. Pochi minuti prima si trovava davanti alla basilica e ora è pronto a far scorrere del sangue. La situazione è trascesa nel giro di breve e l'incubo si è subito materializzato dinnanzi agli occhi dei poliziotti che cercavano di calmarlo e di liberare l'ostaggio prima che l'egiziano decidesse di affondare la lama su di lui (guarda il video).

Un senza fissa dimora con precedenti penali

Non sappiamo molto di Mohamed Zin. Il nome completo è Mohamed Zin Elaabdin Elhosary Mahmoud, è egiziano, ha ventisei anni e ha il premesso di soggiorno di lungo periodo. È regolare, dunque, non è uno dei tanti fantasmi che si aggirano a Milano e di cui si sa poco e niente. "Viveva in un paesino della Liguria...", ci fanno sapere. Ma la residenza a Finale Ligure è fittizia. Da un paio di anni a questa parte si era, infatti, trasferito nel capoluogo lombardo dove viveva di espedienti e furtarelli. "Di fatto - ci spiegano - è senza fissa dimora". E nella sua vita non mancano certo piccoli precenti penali che lo rendono dei tanti volti già noti alle forze dell'ordine milanesi. Che qualcosa non vada per il verso giusto, se ne accorsono subito i poliziotti che pattugliano il sagrato del Duomo. Mancano pochi minuti all'una. Quando gli chiedono di favorire i documenti, l'immigrato va in escandescenze: si getta contro una guardia, che si trova all'ingresso della basilica, e dopo averla fatta cadere a terra varca di corsa il portone. In mano brandisce già il coltello ed soprattutto questo particolare che getta in allarme le forze dell'ordine presenti sul posto.

Il coltello puntato al collo e la liberazione

La folle corsa porta Mohamed Zin a percorrere tutta la navata centrale del Duomo. Arriva fino a dietro l'altare ed è qui che si trova a tu per tu con la guardia giurata che viene afferrata alla maglietta e si ritrova con il coltello puntato dritto al collo. "Devi rimanere seduto!", gli urla addosso. Passano pochi minuti e non è più solo. Il reparto mobile è stato pronto a intervenire. E davanti all'aggressore ci sono diversi agenti che lo tengono sotto tiro. Le pistole sono sguainate. Lui non sa che non sparerebbero mai - non possono rischiare che le pallottole rimbalzino sul marmo e finiscano per colpire un innocente - ma sente la pressione addosso. Cercano di stabilire un conttato facendolo parlare. L'obiettivo è riportarlo alla calma e convincerlo a liberare l'ostaggio. Ma non è facile. "Questo coltello me lo avete dato voi", continua a ripetere in una nenia infinita. È visibilmente fuori di sé. Non solo per le frasi sconnesse che pronuncia ma anche per lo sguardo fisso nel vuoto. Più passano i minuti più Mohamed Zin dirada le parole. I due agenti che si trovano alla sua destra aspettano il momento buono per disarmarlo. Ce la fanno grazie a un'azione ben coordinata ma anche grazie a una dose di fortuna che permette ai due agenti di cavarsela "solo" con sette giorni di prognosi a testa. Durante l'intervento uno dei due si taglia infatti con il coltello, l'altro si fa male alla spalla. Niente di grave, per fortuna. Sarebbe potuta andare molto peggio. Sapevano che intervenendo in questo modo, con l'ostaggio seduto a terra e quindi lontano dal rischio di ricevere una coltellata, avrebbero attirato su loro stessi gli eventuali fendenti dell'egiziano.

Il coltello usato dall'aggressore in Duomo

Il corpo a corpo degli agenti con l'aggressore

"Il coltello è una delle armi più pericolose che ci sono attualmente in giro", ci spiega una nostra fonte. Non solo è di facile reperibilità, ma fa molti danni quando viene affondato un colpo. Quando un agente decide per il corpo a corpo sa benissimo dei rischi (alti) che corre nel farlo. Per questo non si può che lodare l'intervento dei due poliziotti-eroi che ieri pomeriggio hanno liberato la guardia giurata dalle grinfie di Mohamed Zin. Per loro è un film che rivovono tutti i giorni: sacrificare la propria vita per uno stipendio che certamente non vale il rischio di rimanere gravemente feriti se non addirittura di perdere la vita. "L'intervento di Milano, conclusosi nel migliore dei modi, ha consentito a tutti di osservare con quale elevata professionalità, prontezza e cura operano quotidianamente i poliziotti", ci fa notare Valter Mazzetti, segretario generale dell'Fsp Polizia di Stato. "Queste sono qualità che contraddistinguono questo lavoro ovunque ogni giorno - continua - ma si deve anche capire che ogni intervento ha in sé delle variabili, dei rischi, dei fattori imprevedibili che non consentono di stabilire a priori cosa accadrà. Per questo - conclude - è assurdo pensare di giudicare o peggio contestare un poliziotto solo dal buon esito della miriade di interventi che si affrontano quotidianamente, nelle condizioni più disparate e con soggetti diversissimi".

Dopo essere stato immobilizzato, Mohamed Zin è stato arrestato per reati di sequestro di persona e resistenza a pubblico ufficiale e portato al carcere di San Vittore. Dovrà rispondere anche per i reati di false attestazioni ai pubblici ufficiali e porto di armi e oggetti atti a offendere. Oggi gli è stato pure tolto il permesso di soggiorno.

La revoca è avvenuta su segnalazione del questore milanese e a procedere è stata la Questura di Savona che aveva rilasciato il documento. Sul caso sta comunque indagando la Digos per chiarire meglio i contorni dell'aggressione e i legami dell'egiziano.

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