Perché alla fine è sempre una questione di esempi. Semplicemente una questione di esempi. E sarebbe meglio che fossero buoni e non cattivi. Così come buoni e non cattivi dovrebbero essere i maestri, i genitori e gli amministratori di una città. Capaci di spogliarsi da pregiudizi e ideologie, per trattare tutti allo stesso modo. Con giustizia, nulla di più.
Quella giustizia che dovrebbe rifiutare i due pesi e le due misure, per evitare di far passare per buoni gli esempi cattivi. Come accade in quella babele della questione Leoncavallo che ora s'intreccia con il centro sociale Zam che torna a occupare la scuola di via santa Croce. Perché l'impressione è che si usi la carota per gli ormai normalizzati leoncavallini e il bastone per i molto meno docili nipotini dello Zam. Che hanno tutto il diritto di chiederne ragione al sindaco Giuliano Pisapia, al prefetto e alle forze dell'ordine. Perché il fatto è che adesso il leonka si è ripulito almeno l'immagine. Sì vabbé c'è la Festa della semina e del raccolto in cui «il ciclo vegetativo della pianta di canapa diventa l'occasione per un'articolata riflessione», ma anche l'udienza da papa Francesco e il sito ufficiale che ormai parla di Spazio pubblico autogestito. Non solo, perché il processo di normalizzazione di chi nell'assoluta illegalità ha abusivamente occupato uno spazio, violando quel diritto alla proprietà privata garantito dalle norme che vanno dal diritto romano alla Costituzione, ora passa da una delibera approvata a luglio dalla giunta Pisapia che a giorni approderà in consiglio comunale. Un atto di permuta immobiliare con la società L'Orologio del gruppo Cabassi proprietario dello stabile di via Watteau 7, lo scambio con due aree consegnate ai Cabassi per cui l'edificio diventerà di proprietà dell'amministrazione che a sua volta si farà pagare l'affitto dal nuovo Leoncavallo. E con un colpo di spugna sarà cancellato l'avviso di sfratto che decadrà con il nuovo titolare.
Di «possibilità di trasformare una situazione di irregolarità in un'opportunità per la città» parla la delibera. Sarà pur vero, ma allora perché cacciar via dalla scuola di via Santa Croce e da tutti gli stabili occupati autonomi e no-global? In fondo altro non sono che gli eredi legittimi di chi nel 1975 aveva dato vita a quell'avventura che partita dal Casoretto oggi è arrivata a Palazzo Marino. E perché i ragazzi di oggi non dovrebbero occupare sperando in una futura legalizzazione? A spese, ovviamente, della comunità. Non certo della giunta Pisapia. Perché l'Agenzia del territorio ha stabilito che l'ex stamperia di via Watteau varrebbe poco meno di 6 milioni di euro e ai Cabassi è stata concessa l'area della scuola di via Zama e un palazzo mai finito in via Trivulzio 1. Valore totale 6,2 milioni di euro a carico nostro per consentire a qui bravi ragazzi del Leonka di poter continuare a organizzare feste e concerti. Ovviamente esentasse e in cambio di un affitto a prezzo politico. Tanto la differenza ce la mettono i milanesi, strangolati dalla tassa sulla prima casa. E, infatti, anche il Circolo on line Pd Città mondo che ha tra i fondatori l'ex assessore Stefano Boeri, ipotizzava il rischio di un «danno erariale».
Quasi «si trattasse di compensare il privato offrendogli una quota del patrimonio di noi tutti». Chiedendosi «quale precedente si rischia di costituire?». Un brutto precedente. E di certo un cattivo esempio per i nipotini dello Zam.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.