Cronaca locale

Così Vanni Scheiwiller cambiò il mondo dei libri, all'insegna dell'eleganza

A vent'anni dalla morte Milano ricorda la lezione del grande editore «di qualità»

Luigi Mascheroni

Iniziò per una passione di famiglia. E finì col diventare il nome magico dell'editoria di qualità e di ricerca. Nella storia del libro, per l'Italia del Novecento, esiste un prima e un dopo Vanni Scheiwiller.

Il «prima» era in effetti il lavoro di suo padre, Giovanni Scheiwiller, il quale dalla Svizzera scese a Milano dove, negli anni Venti, s'inventò una piccola casa editrice di arte e letteratura che nel 1936 - dal nome di una storica osteria cittadina, in via Pattari al Verziere - si chiamerà All'insegna del Pesce d'Oro, ereditata da Vanni nel 1951. Il «dopo» fu tutto ciò che Scheiwiller-figlio fece, fino alla sua morte nel 1999, e che ci ha lasciato. Ossia un'inestimabile eredità culturale e un esempio imprescindibile di come i libri devono essere pensati innanzitutto per essere belli, poi per essere venduti.

Comunque, quello che Vanni Scheiwiller ci ha consegnato è qualcosa di enorme, per quantità e per valore. Tanto che a vent'anni esatti dalla scomparsa (il 17 ottobre 1999), non bastano due mostre: una, comunque, è alla Galleria nazionale di Roma, su Vanni e il suo lavoro con tutti i grandi pittori, scultori, incisori, disegnatori che frequentò e pubblicò (da Wildt a Melotti, da Burri a Fontana); la seconda invece è alla Biblioteca Braidense, su Vanni Scheiwiller Editore milanese (con un convegno, oggi, nella Sala Maria Teresa: intervengono, tra gli altri, Laura Novati, Carlo Bertelli, Andrea Kerbaker e Franco Loi) ed è curata da Alina Kalczynska, che Vanni conobbe sposò nel 1980.

Alina oggi ha ottant'anni, pagina più pagina meno, ed è una grande artista che ha sempre esercitato le tecniche xilografiche e in generale la grafica in funzione del libro, campo in cui fu utilissima al marito. È lei che ci accompagna a visitare la mostra in anteprima, e che la racconta pezzo per pezzo. Uno più bello dell'altro.

Una grande sala, 14 tavoli, trecento fra libri, fotografie, lettere, disegni, stampe, volumi dedicati, quaderni d'appunti, poster che incrociano la cronologia (mezzo secolo: dal 1951 al '99) e temi. Ecco la bacheca dedicata a Ezra Pound, al quale un Vanni giovanissimo scrive alcune lettere quando il poeta è ancora in manicomio, negli Stati Uniti, e che poi pubblicherà quando ancora era un autore maledetto da tutti (qui ci sono foto e plaquette bellissime). Ecco Montale (oltre alle poesie edite da Vanni ci sono curiosi acquerelli e autografi del grande genovese) e i suoi poeti (Clemente Rebora e Biagio Marin, per dire due suoi protetti). Ecco i meravigliosi libri d'artista (c'è persino un menabò fatto a mano da Jean Cocteau). Ecco i volumi con le dediche a Vanni (di Giovanni Giudici, di T.S. Eliot, di Sandro Penna, di Gio Ponti...). Ecco i libri strenna e quelli aziendali, sopratutto per gli istituti bancari (Scheiwiller fu un anticipatore e un maestro nel settore), quando il piccolo editore inizia a fare «grandi» cose e grandi libri, ma sempre con equilibrio ed eleganza. Ecco i «taschinabili» (di tutti i colori, di tutti i Paesi). Ecco i titoli della casa editrice che fonda nel 1977, cui dà il proprio nome, «Scheiwiller». Ecco i libri e le collane «milanesi», tra cui i libricini della serie «Lunario», dedicata agli autori della Linea lombarda...

Vanni Scheiwiller non era un lombardo, ma dalla provincia svizzera divenne editore internazionale. E non fu mai «in linea». Sceglieva e stampava sempre fuori dalle mode, al massimo anticipandole (quando Wislawa Szymborska vinse il Nobel, nel '96, Vanni da tempo aveva già pubblicato le sue poesie).

«Vanni era capace di trovare sempre gli autori giusti per i suoi libri, e gli artisti migliori. Era curioso e sapeva che cosa averebbe incuriosito il suo lettore. E poi, soprattutto, aveva pazienza e determinazione», ricorda Alina. Per incontrare la quale, prima di sposarla, Vanni Scheiwiller fece, alla fine degli anni Settanta, ventiquattro viaggi Milano-Cracovia.

Che a raccontarla, come storia, sarebbe un libro bellissimo.

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