«Da Crespi i voti per i clan» Così fece eleggere Zambetti


Enrico Lagattolla

Come fa un ragazzone dal cognome che più milanese non si può a diventare il principale procacciatore di voti per conto del crimine organizzato, a convogliare davvero migliaia di voti forniti dalla 'ndrangheta sui candidati scesi a patti con i clan? È questo il vero interrogativo che suscita l'arresto per associazione mafiosa di Ambrogio Crespi, fratello del sondaggista Luigi, nella retata che mercoledì ha portato in cella anche l'assessore regionale Domenico Zambetti (detto anche, da tempi non sospetti, «Mimmo Mazzetta»).
È Crespi, nella ricostruzione dei pm, a portare nel 2010 2.500 voti a Zambetti. Ed è ancora Crespi a venire contattato per fornire i voti a Sara Giudice nel 2011. É questa della Giudice l'unica operazione intercettata in diretta dai carabinieri del Nucleo Investigativo: che sentono Crespi - in quel momenti all'estero - declinare l'offerta, per il semplice motivo che sta per essere condannato insieme al fratello per bancarotta. Ma dalle intercettazioni si scopre anche il ruolo di Crespi nell'elezione di Zambetti. È il ritratto di un milanese dalla doppia vita, abituato a muoversi nei salotti della politica, tanto da venire candidato sindaco di Milano da Bobo Craxi, ma con legami di ferro con i balordi cresciuti con lui nel quartere di Baggio. Rapporti che Crespi ha coltivato fino a diventare uomo di fiducia del boss della 'ndrangheta Pepè Onorato, da cui verrebbero la maggior parte dei voti, e a chiamare «zio Pino» il boss dell'Ortomercato Giuseppe D'Agostino. Del lato noir di Ambrogio Crespi parlano anche i pentiti. E i carabinieri rivelano che nel 2002 Crespi jr venne sospettato di essere il mandante di un omicidio maturato nel mondo obliquo delle discoteche, di cui il ragazzone di Baggio è da sempre un ospite fisso.
LA CAMPAGNA PER BOBO Racconta il pentito Luigi Cicalese: «Ambrogio Crespi mi chiese se volevo l'appalto per attaccare manifesti elettorali che sponsorizzavano Bobo Craxi, io rifiutai perché non mi ero mai occupato di queste cose. In quella campagna elettorale Crespi si rivolse per cercare voti a me, a Gugliotta, a Reggio, a Massimo Roma (tutti rapinatori, ndr) ed a tutti noi del gruppo. Ambrogio mi disse anche che si era rivolto ad alcune famiglie potenti napoletane in grado di procurare cospicui voti»
I SOSPETTI DI OMICIDIO
Il 19 febbraio 2002 in corso Como viene ucciso con sette revolverate Frederic Ekoule Soppo, camerunense, professione buttafuori. Scrive il pm D'Amico: «Veniva denunziato anche Crespi Ambrogio quale mandante dell'omicidio. Il relativo procedimento penale veniva archiviato su richiesta del pm». Nel fascicolo sull'omicidio si parla dei contatti di Crespi con Massimo Onorato, figlio del boss Pepè: il padrino dei voti che oggi Crespi è accusato di avere venduto a Zambetti.
LO CREPIAMO DI PALATE
I pm ricostruiscono i contatti con Vincenzo Giudice, consigliere d'amministrazione della Metropolitana Milanese, per sostenere la candidatura di sua figlia Sara alle comunali di Milano. Dice Eugenio Costantino, gregario del clan: «Adesso questo qua ha promesso davanti a me e un altro testimone, ha promesso che se la figlia prende un po' di voti, lui ci ha detto, io vi garantisco che io qualche lavoro riesco a darvelo.. soldi non ne ho, voi mi dovete capire, ci ho solo che devo prendere, però ha detto, vi posso garantire, che io dei lavori ve li faccio prendere, sennò lo andiamo a prendere in ufficio e lo crepiamo di palate».
È UNA BELLA RAGAZZA
Ieri, dopo l'arresto della cosca, Sara Giudice si difende sostenendo che a suo padre è stata tesa una trappola su ordine del Pdl, da cui era fuoriuscita in polemica contro Nicole Minetti. Ma leggendo le intercettazioni sembra di capire che i criminali fossero davvero convinti dell'investimento sulla fanciulla. Dice Eugenio Costantino il 12 aprile 2011: «È ancora in ballo il discorso con Milano... bella ragazza cazzo.. adesso gli hanno stampato diecimila cose, volantini.. una ragazza come questa con l'appoggio di mille voti a Milano viene eletta, fa l'assessore minimo.. cioè veramente questa è gente ricca, suo padre è il presidente della metropolitana».
A BOCCA ASCIUTTA
Anche tra balordi a volte gli accordi non vengono rispettati. Dalle carte si scopre che l'appoggio di Ambrogio Crespi alla campagna elettorale di Zambetti nel 2010 non è mai stato pagato, e i soldi versati dall'assessore sono finiti tutti al clan Papalia. Dice Alessandro Gugliotta, amico d'infanzia di Crespi, in una conversazione intercettata: «A me non piace tenere le cose qui sullo stomaco, per i voti quelli là di Zambetti ci sono stati dati 20, 80mila euro, me l'ha detto Ambrogio, “a me sinceramente non m'ha dato mai nessuno niente, l'unica cosa che m'hanno dato è che siamo andati a mangiare insieme”». Anche per questo motivo, oltre che per l'imminente condanna per bancarotta, Crespi rifiuterà di sostenere con i suoi voti la campagna di Sara Giudice.
IL PRIMARIO GENTILE
Oltre alle campagne elettorali, emerge l'interessamento di Ambrogio Crespi anche per altre faccende: come quando si tratta di procurare dei medicinali a un latitante dei clan, tale Quatela, e Crespi tira in ballo un primario di Niguarda.

Il pentito Cicalese racconta che Crespi fece intervenire il suo guardaspalle, tale “Lele”: «Crespi chiamò Lele che riuscì a ottenere un appuntamento con il primario Palmieri. Avvenne un incontro nell'ufficio del prof.Palmieri, calabrese, all'interno del Niguarda, nel corso del quale Palmieri si mise a disposizione senza mai visitare Quatela».

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