Cronaca locale

Cuttitta: «Senza impianti nessuno vuole investire»

«Ai tempi della Mediolanum eravamo l'ossatura della Nazionale che conquistò il Sei Nazioni»

Sergio Arcobelli

E' il miglior marcatore della storia dell'Italia ai mondiali con 6 mete in 3 edizioni. Marcello Cuttitta, così come il suo gemello Massimo, ha lasciato un'impronta tangibile anche nel rugby milanese. E pensare che, a causa di un cavillo burocratico, ha rischiato di non sbarcare a Milano.

Cuttitta, quale cavillo?

«All'epoca io e Massimo giocavamo nell'Aquila, la nostra prima società. Essendo appena arrivati dal Sudafrica, la regola federale non prevedeva alcun trasferimento e quindi l'Aquila non ci diede il nulla osta per il trasferimento a Milano. E dire che eravamo già da un pezzo nel giro della nazionale. Insomma, per colpa di un regolamento un po' sciocco ho perso due anni e mezzo di attività».

Come si è risolta la questione?

«Grazie all'intervento dell'Amatori Milano. Ma solo perché pagò fior fior di quattrini».

E a Milano in dieci stagioni, quattro gli scudetti vinti. Che esperienza è stata quella milanese?

«Molto positiva. L'Amatori Milano faceva parte della polisportiva della Mediolanum voluta da Silvio Berlusconi, dove eravamo seguiti professionalmente da medici, allenatori e preparatori all'altezza. E la nostra squadra era composta da 12/15 dei titolari della nazionale italiana. E fu proprio quel gruppo lì che portò l'Italia nel 6 Nazioni. Non posso che parlarne bene».

Dopo l'ultimo titolo vinto nel '96 cosa è successo?

«Berlusconi decise di intraprendere la carriera politica e quindi lentamente si sciolse la polisportiva. L'Amatori, che per due-tre stagioni giocò con il marchio Milan, fu l'ultimo a sciogliersi. E nel frattempo Berlusconi ci diede due anni di buonuscita, così abbiamo avuto il tempo di decidere quali strade percorrere. C'è chi rimase a Milano per cercare un lavoro, chi come mio fratello accettò un'offerta dall'estero. A me arrivò una proposta dai Leicester Tigers, ma rinunciai perché avevo già un buon lavoro».

Cosa ne pensa dell'attuale situazione del rugby milanese? Cosa manca a Milano per tornare quella di vent'anni fa?

«Ahimè mancano le strutture: è difficile che un imprenditore faccia un investimento in assenza di un campo all'altezza. Serve uno stadio che possa ospitare 15.000-20.000 persone».

E intanto la Nazionale di O'Shea continua a faticare

L'Italia ha pagato quel cambio di generazione che doveva fare 10 anni fa».

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