Nuovi sviluppi dal processo sul crac del San Raffaele: il 26 ottobre è prevista in aula proprio la testimonianza di Pierangelo Daccò, condannato tre giorni fa a dieci anni di carcere. Daccò «era una persona legata alla Regione Lombardia» e in occasione di un pagamento che il San Raffaele doveva avere dall'amministrazione regionale per un bando no profit, il faccendiere «sollecitò in Regione» il versamento che tardava. Lo ha spiegato una dirigente del gruppo ospedaliero sentita come testimone nel processo sul crac.
La dirigente amministrativa del San Raffaele, Alessia Zacchia, che ha lavorato per anni a fianco dell'ex vicepresidente del gruppo, Mario Cal (morto suicida), e dell'ex direttore amministrativo, Mario Valsecchi (che ha patteggiato la pena), ha raccontato un episodio legato alla presenza in ospedale di Daccò. «Era il 2007 o il 2008 e venni chiamata da Cal, alla presenza anche di Daccò - ha chiarito la teste davanti al Pm Luigi Orsi e ai giudici della terza sezione penale di Milano - in relazione a un bando no profit per uno stanziamento deliberato dalla Regione, che prevedeva la presentazione di progetti sanitari. Noi dovevamo dare prova dei costi e dei progetti e presentare le fatture». E ancora: «Io avevo già presentato tutto in Regione da 6 mesi e in quel periodo avevamo difficoltà di liquidità, ma la tranche dello stanziamento regionale tardava». Cal «alla presenza anche di Daccò mi disse che glielo dovevo comunicare quando c'era un ritardo di questo tipo, come per l'arrivo di questa tranche». A quel punto il presidente del collegio, Patrizia Lacaita, ha chiesto alla teste: «Perché c'era anche Daccò quel giorno con Cal?». E la dirigente: «C'era Daccò perché io avevo capito che lui avrebbe riportato in Regione questo sollecito».
Per le difese degli imputati (gli imprenditori Pierino e Gianluca Zammarchi, l'altro imprenditore Ferdinando Lora e il suo contabile Carlo Freschi), «è singolare che in un processo per bancarotta i più importanti creditori sono imputati mentre gli amministratori esecutivi e i revisori, a quanto pare, non sembrano nemmeno aver ricevuto un avviso di garanzia».
Nel corso del processo ha testimoniato anche Stefania Galli, la segretaria di Mario Cal, il vicepresidente del gruppo ospedaliaero che si è suicidato il 18 luglio scorso. dalle parole della segretaria è emerso che Don Luigi Verzè, il fondatore del San Raffaele morto lo scorso dicembre, aveva «messo alla porta» Mario Cal «per fare entrare i consiglieri del Vaticano nel cda». La segretaria di Cal ha spiegato che il vicepresidente del San Raffaele, vista la grande difficoltà economica e il deficit del gruppo ospedaliero, aveva avuto una serie di incontri per trovare «una cordata di imprenditori che potesse entrare e mettere liquidità». E l'unica offerta «venne da Rotelli del gruppo San Donato».
Al cda del 23 giugno 2011 «Cal presentò l'offerta scritta di Rotelli, ma il presidente Verzè non era convinto e l'offerta non venne firmata, perché Verzè aveva avuto l'assicurazione verbale che il Vaticano era interessato». Cal, ha proseguito la segretaria, «era contrario all'ingresso del Vaticano, ma l'esito del cda fu che Verzè chiese le dimissioni di tutti i consiglieri e anche di Cal per far entrare quelli del Vaticano».
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