DEPUTATA DEM Quartapelle: «Serve uno che creda davvero nella centralità di Milano»

«Vai Giuliano, libera Milano». Così cantavano i comitati arancioni in piazza Duomo nel 2011, Pisapia aveva appena vinto le elezioni. Sembra un secolo. Quattro anni dopo è cambiato il disco, eccome. Bastava passare ieri mattina al palazzo delle Stelline, dove l'assessore Franco D'Alfonso, tra i fondatori di Milano Civica e autoproclamatosi l'«ideologo arancione» ha lanciato la prima kermesse del movimento che si presenterà alle elezioni 2016 di nuovo con una lista civica (potrebbe cambiare nome) e probabilmente con un proprio candidato alle primarie, se mai ci saranno. In corso Magenta dalle 9.30 sono appostati i comitati ambientalisti che mesi fa contestavano le Vie d'acqua per Expo e oggi la «cementificazione del Montestella», il progetto di restyling del Giardino dei Giusti. «Basta scavi, movimento terra e cemento. «Chi è della 'ndrangheta è felice e contento» è lo striscione che fa infuriare l'assessore alla Cultura Filippo Del Corno quando arriva al convegno. Un battibecco che dura più di mezz'ora, ma almeno si ferma e ascolta. Il sindaco Giuliano sposta l'orario di arrivo e riesce a dribblare il sit-in (la Digos nel frattempo convince chi protesta a sgomberare». Ma la partecipazione e l'ascolto spacciati come una filosofia politica per tutta la campagna del 2011 vengono smentiti da chi a quell'onda arancione partecipò dall'inizio. Miro Capitaneo, 72 anni, pensionato del Giambellino, deve imporsi per poter parlare dal palco Pisapia, seduto in prima fila: «Forse ci aiutano più le critiche che glorificare il sindaco - attacca il militante -. Sono deluso, non è mai venuto in Consiglio di zona in 5 anni, i comitati civici si sono ridotti da 9 a 2, ma la partecipazione è stata solo professata, l'entusiasmo è scemato. Se presentano un candidato carismatico, io voterò i grillini».

Dalla base ai politici in sala, la musica non cambia. «Questa amministrazione non ha saputo interpretare bene la centralità nazionale di Milano - attacca la deputata del Pd Lia Quartapelle, renziana -, un luogo che deve essere avanguardia del processo di cambiamento che a Roma si sta cercando di fare. Il prossimo sindaco dovrà raccogliere con più ambizione e consapevolezza la sfida, serve una persona che sappia pensare alla Milano del 2026». Abbiamo bisogno, prosegue il segretario provinciale del Pd Pietro Bussolati, colonnllo di Renzi, «di un sindaco che sappia dare una forte continuità alla giunta Pisapia, ma capace di affrontare con più coraggio le sfide della città metropolitana, il patto fiscale e una sana lotta alla burocrazia, anche se serve fatica». Il deputato Bruno Tabacci, che della giunta fu assessore al Bilancio, non dà affatto per scontata una vittoria a Milano dove, se la sinistra avesse seminato bene, la partita sarebbe facile. «Il rischio della sconfitta nelle grandi città c'è. Non parlo di Roma dove è praticamente certa, non parlo di Napoli dove è altamente probabile, ma non è che a Milano sia tutto sicuro» afferma dal palco. E sull'organizzazione della macchina comunale porta il suo personale contributo: «Quando arrivato avevo quattro addetti in anticamera. E io non ho mai ricevuto nessuno».

In sala (tra gli altri) ci sono Pietro Modiano, Piero Bassetti, Bruno Rota, Carlo Tognoli, Davide Rampello. E davanti a una sala che si è compattata anni fa intorno alla figura di Pisapia, raccoglie applausi l'ex vice Ada Lucia De Cesaris quando tira bordate alla giunta di cui ha fatto parte fino allo scorso giugno. «Non è stato affrontata col giusto piglio e coraggio la città metropolitana - attacca -, abbiamo fatto poco per riorganizzare la macchina amministrativa.

E Milano ha bisogno di un progetto coraggioso e di una buona squadra di governo che sappia ad un certo punto decidere e fare quadrato sulle scelte, senza curare i piccoli interessi elettorali». E «bando alle nostalgie, non si governa il futuro guardando al passato». Applausi. Il «modello Pisapia» a quanto pare ha più rottamatori che fan.

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