«Dipendente-papà discriminato da Atm» Il giudice condanna l'azienda trasporti

Condannata Atm per discriminazione di genere, e in particolare degli uomini rispetto alle donne. La sentenza è stata emessa dal giudice del lavoro Antonio Lombardi che ha accolto, come giàl o scorso luglio in primo grado dalla collega Giulia Dossi, il ricorso di un dipendente dell'azienda dei trasporti milanesi con qualifica di operaio chesi è visto decurtare lo stipendio di 253 euro per i tre giorni in cui ha dovuto assentarsi dal lavoro per occuparsi del figlio malato.
Il dipendente, assistito dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri, aveva citato in giudizio Atm, ritenendosi discriminato rispetto alle donne, perché escluso in quanto uomo dal diritto al congedo retribuito per la malattia del figlio minore di 3 anni come invece previsto dal contratto di lavoro collettivo Autoferrotranvieri. Per il giudice, il dipendente uomo può usufruire del permesso retribuito in un numero limitato di casi, perché per poter presentare una dichiarazione di rinuncia della moglie, quest'ultima dev'essere una dipendente con lo stesso contratto di lavoro. Ne consegue che da tale diritto vengono esclusi padri con mogli disoccupate o con contratti di lavoro diversi da quello degli autoferrotranvieri o addirittura padri che si occupano da soli dei figli.

E ne consegue anche, si leggeva nel ricorso del dipendente, che «la condizione di svantaggio del padre è dunque di tutta evidenza essendo pressoché impossibile la fruizione del permesso da parte sua. In realtà si traduce in uno svantaggio ancor più rilevante per la madre che non potrà usufruire dell'aiuto del padre in caso di malattia del figlio».

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