Il dolore di Bergamo non ha fine. I numeri ufficiali dicono 4.305 contagi, i medici stanno pagando un tributo altissimo, i farmacisti sono esausti, le case di riposo in allarme. Ieri è morto il secondo sindaco, Raimondo Balicco di Mezzoldo, e il Papa ha telefonato al vescovo, Francesco Beschi.
Bergamo continua a piangere i suoi morti e il dramma ora investe anche il momento dell'addio: le onoranze funebri hanno denunciato la difficoltà di operare, chiedendo un sostegno operativo. Ieri, quindi, è intervenuto l'esercito, e ha portato altrove una parte dei feretri, per alleggerire il lavoro del forno crematorio, che non riusciva più a rispondere alle necessità e ai ritmi degli ultimi giorni.
Le vittime si contano a centinaia in questa provincia, e quante saranno davvero lo si saprà solo alla fine. Molti medici e infermieri sono stati contagiati dal Coronavirus, ma il virus non risparmia neanche gli addetti delle onoranze funebri. Per questo, e per un drammatico aumento della richiesta, anche questo settore è andato in tilt. «Il deposito delle salme è diventato un problema - aveva spiegato Pietro Bonaldi, direttore della Lia - Sarebbe necessario un supporto per alcune attività, per esempio per la movimentazione delle salme dalle camere mortuarie degli ospedali al luogo di deposito». Il Comune di Bergamo si è attivato, ha aperto una chiesa e la cappello del cimitero. E le onoranze funebri alcuni giorni fa avevano chiesto nuove camere mortuarie anche in altri Comuni, e protocolli diversi, che garantissero la sicurezza degli operatori. «I nostri si ammalano praticamente con la stessa incidenza dei medici - spiega Bonaldi- ma purtroppo non sono state previste procedure che limitassero contatti o accessi. Anche oggi devono entrare nelle strutture ospedaliere. Si dovevano predisporre prima dei protocolli ad hoc, da subito, e vietare i trasporti a cassa aperta». Così, il personale non basta più. Ecco la richiesta di un aiuto alla Protezione civile o all'esercito. «Ovviamente le attività legate alla professione, continuerebbero a essere svolte dal personale» aveva detto Bonaldi.
Il sindaco Giorgio Gori ieri ha rivolto un pensiero a chi lavora anche in questi giorni: «Medici e infermieri, ma anche tutti coloro che nelle fabbriche e negli uffici pubblici, nei trasporti, nei servizi e nei negozi di prima necessità, mi auguro in piena sicurezza, lavorano. E ci consentono di aspettare che la notte passi». Martedì è giunta, dal «Papa Giovanni XXIII», la notizia che tutti temevano: la saturazione della terapia intensiva. I posti sono finiti ma il sindaco ha fatto sapere che è stato fermato l'allestimento alla Fiera dell'ospedale da campo degli alpini. Ieri, intanto, la Bergamasca ha perso un altro sindaco. «Le dimensioni del contagio in Val Seriana sono spaventose - racconta Angelo Capelli, avvocato e nella scorsa legislatura consigliere regionale e vicepresidente della commissione Sanità - e dobbiamo considerare un gran numero di decessi per polmoniti non codificati Covid. Si sentono ambulanze passare continuamente, anzi si sentivano perché pare abbiano avuto l'indicazione di spegnere le sirene. Se devo basarmi su condoglianze e messaggi, io dico che nella mia cerchia di conoscenze non c'è una famiglia che non abbia avuto un lutto. Il focolaio parte da due paesi, ma questa cosa gira da tempo, da tempo si parla di un strano aumento di polmoniti. A febbraio c'è stata solo l'esplosione».
La gente si chiede perché sia successo proprio qui. «C'è un'alta densità - riflette Capelli - molta gente che lavora, che si muove. Forse fare i tamponi solo ad alcuni ora fa scendere la statistica ma impedisce di avere una base di calcolo corretta. Fare tamponi a tutti potrebbe aiutare, almeno nelle zone in cui i contagi non sono già esplosi.
Alla luce di quel che è successo, è stato un errore non fare subito la zona rossa, ma certo non è facile prendere decisioni simili. La realtà è che il giornale locale ha 16 pagine di necrologi, ogni famiglia ha avuto il suo lutto. E alla fine in ogni paese conteremo un numero di vittime per polmonite, simile a quello dei caduti delle due guerre».
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