L'eleganza di mille veli colorati non cancella i pezzi di intonaco caduti dalle facciate delle case. Per le vie del quartiere meticcio di piazzale Selinunte, la definizione è della Curia milanese, si incrociano il bello e il brutto come in pochi altri posti di Milano. Dal mattino presto in cui il traffico si impadronisce dello slargo, a quando aprono le prime attività dopo i bar e piano piano arrivano i bambini a giocare nei giardinetti della zona. Per finire con la sera, quando prostituzione e degrado prendono il controllo dei marciapiedi. E così come le donne musulmane più fedeli alla tradizione girano per le strade con veli anche molto eleganti, allo stesso modo si incrociano strutture fatiscenti o semi abbandonate soprattutto del patrimonio edilizio dell'Aler. Una zona di confine in cui le istituzioni intervengono poco e male, a sentire chi ci vive. In via Tracia, ad esempio, è normale secondo gli inquilini vedere persone che a bastonate cercano di sfondare le finestre per picchiare le persone all'interno: in questo caso si trattava di una donna che accusava i due travestiti, a cui l'alloggio è stato regolarmente affidato, di averle sottratto del denaro. «Ordinaria amministrazione – assicura Kidane Abeba, una donna di 45 anni di origini africane e che vive in via Tracia da quattro anni – ogni giorno ne succede qualcuna, io ho fatto richiesta per la casa qui per risparmiare sull'affitto, ma dopo quattro anni vorrei cambiare». «Viviamo di paura le fa eco una signora italiana accorsa anche lei per vedere cosa stesse capitando. Per i poliziotti intervenuti non è stato nemmeno facile ricostruire l'accaduto, viste le urla e le minacce che si scambiavano i contendenti di cui uno era anche ubriaco». Ma il quartiere non è tutto qui, anche se le «due anime» della zona le ha avvertite anche don Giovanni Castiglioni, il parroco che aveva già evidenziato come la presenza massiccia di stranieri fosse un tema su cui interrogarsi. E anche lui vive la dicotomia tra la parte ricca della sua parrocchia, in zona San Siro non mancano le case per benestanti e le ville dei miliardari, e quella del ghetto delle case popolari dove impera l'abusivismo e il conseguente degrado: «Tutte le Amministrazioni, di destra come di sinistra, non si sono curate del quartiere e ora è veramente difficile: anche per gli sgomberi è complicato, perché ci sono quelli cattivi che tanto rientrano la sera stessa e quelli buoni, come le famiglie con figli veri e non tirati fuori solo quando arriva lo sgombero». Senza contare che nella zona ci sono anche molte persone con problemi psichici, i trans di via Tracia hanno avuto per questo l'alloggio popolare con bollette pagate secondo la custode dello stabile, a cui sono stati assegnati gli appartamenti pubblici. Un ulteriore ostacolo per chi cerca di migliorare le condizioni del quartiere, anche se il religioso precisa che «non ci sono situazioni esplosive». Il parroco intanto ha almeno la gioia di poter vedere arrivare in visita il cardinale Angelo Scola: «E' un gesto bellissimo che voglia starci vicino con un momento di preghiera». Al mercato del lunedì si parla quasi più arabo che italiano, ma è da almeno dieci anni che la situazione è simile: un articolo del Corriere scritto nel 2004 era intitolato «Qui nessuno parla più italiano». Ma intanto la comunità si è sviluppata, tanto che c'è anche una scuola privata bilingue intitolata a Nagib Mahfuz: i corsi preparano a sostenere gli esami sia alla scuola italiana che a quella egiziana. E i costi sono tali che sono pochi gli arabi del quartiere che possono portarci i figli. Così come non sono tutte della zona le persone assistite dalla fondazione Don Gnocchi, istituto cattolico sito poco distante. La presenza delle istituzioni cattoliche, come anche il Movimento cristiano lavoratori, ripropone ancora una volta una dicotomia tra le anime del quartiere: così all'Esselunga di via Morgantini si possono incontrare due generi di donne velate, le donne musulmane più osservanti e le suore in servizio negli istituti o nelle chiese della zona. Tra l'altro nemmeno tutte le donne arabe vestono secondo la tradizione, così come non tutti gli arabi sono arrivati ieri: Ezzat ad esempio ha una cartoleria in piazza Selinunte ed è arrivato in Italia 33 anni fa. Ed è stufo dell'immigrazione di massa nonostante sia italo-egiziano: «Ormai qui l'80 per cento della popolazione è straniera, ma non li capisco: perché continuate a venire qui come se fosse l'America? Non c'è lavoro, non è più come 15 anni fa quando qui c'erano anche molti stranieri di meno; neanche negli ospedali non c'è più posto ormai».
E intanto in alcune vie il degrado avanza come spiega Patrizia, la custode di uno dei licei di zona: «Qui siamo abbandonati, soprattutto la sera c'è da aver
paura: qui davanti sono entrati a rubare nelle case anche alle sei del pomeriggio: speriamo – dice guardando il cantiere del piazzale antistante la scuola – che quando sarà finito non si trasformi in un luogo di degrado».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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