E Rifondazione non vuole che si commemori Umberto IRevisionismo a senso unico

E nella rilettura politicamente corretta della storia fa ieri irruzione un nuovo personaggio: Umberto I di Savoia, re d'Italia dal 1878 al 1900. Il regno di Umberto, che era succeduto sul trono a suo padre Vittorio Emanuele III, finì notoriamente in modo brusco: «a Monza con palle tre», come recitava una canzoncina dell'epoca. Ovvero con i tre colpi di pistola che l'anarchico Gaetano Bresci gli sparò addosso il 29 luglio 1900 nel Parco di Monza, al termine di una esibizione di ginnasti.
L'assassinio del secondo re d'Italia viene commemorato ogni anno, e insieme a monarchici, nostalgici e quant'altro, è consuetudine che vi partecipino i gonfaloni delle istituzioni. Ma Rifondazione Comunista ha deciso di dire basta: due consiglieri provinciali del partito hanno chiesto ieri che Palazzo Isimbardi non mandi i suoi rappresentanti alla cerimonia di Monza. Perché l'uccisione del Re non fu un atto di terrorismo. Anche se passò alla storia come «il Re buono», e anche se sta sepolto al Pantheon, Umberto - secondo i consiglieri di Sel - accumulò tali colpe da rendere la sua esecuzione un atto, se non giustificabile, quantomeno indegno di essere rievocato con particolare dolore.
La protesta di Massimo Gatti e Pietro Mezzi parte da uno spunto un po' impreciso ma non del tutto infondato: per gli autori dell'interrogazione il re «fu responsabile della sanguinosa repressione del maggio 1898», quando i cannoni del generale Bava Beccaris aprirono il fuoco sulla folla che protestava contro il carovita. Che il re abbia dato ordini di questo genere non è provato.

Ma è indubbio che conferendo successivamente a Bava Beccaris il Collare dell'Annunziata, la massima onorificenza di casa Savoia che dava diritto a essere chiamati «cugini del Re», Umberto abbia legittimato a posteriori le cannonate del generale. Tanto basta, dice Rifondazione, per cancellarlo dal novero dei morti degni di commemorazione.

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