Cronaca locale

Ecco la moschea di Lampugnano

Ecco la moschea di Lampugnano

Alla moschea di Lampugnano manca solo il sì del Comune. I centri musulmani l'hanno presentata ieri, svelando il progetto nel corso del «venerdì dei diritti convocato dal Coordinamento delle associazioni islamiche proprio davanti al Palasharp, dove il primo minareto di Milano dovrebbe sorgere. Circa 3mila persone l'hanno invocata nel corso del sermone che un giovane imam ha dedicato proprio al caso moschea. «Sento “o adesso o mai più” - ha detto nella traduzione italiana che ha fatto seguito al discorso in arabo - Sento parlare di immagine - ha detto - e di Milano città aperta. Ma quanto dura Expo? Per quanto tempo avremo gli occhi su di noi? Ci preoccupiamo dell'immagine, la moschea non è un luogo di immagine ma di culto e come tale deve essere costruito».
È una questione di «dignità», per i dirigenti delle associazioni musulmane cittadine. «Non deve essere costruita con l'intenzione di dare un'immagine - ha ammonito l'imam - deve avere base molto più solida dell'Expo. Non è per l'Expo che vogliamo costruire la moschea ma per la comunità islamica, per risolvere problemi della comunità, anche di natura urbanistica. Quante moschee ci sono nei palazzi? Quanti problemi sorgono per questo?».
Problemi a Lampugnano non ne sono stati riscontrati. L'area è sufficientemente decentrata e lontana dalle abitazioni ma raggiungibile con mezzi pubblici e privati. Nel rendering visto ieri ci sono cupola e minareto, disegnati con un tratto essenziale che rilegge i motivi tipici dell'architettura araba. Il progetto della mosche, che costerebbe dai 5 ai 10 milioni, prevede anche un'ala ampia destinata a uso «sociale»: biblioteca, sale conferenze e anche un grande ristorante, per accogliere i fedeli e i visitatori. Durante la cerimonia religiosa di ieri mattina il progetto dell'edificio è stato proiettato sui tendoni della «moschea volante» in cui i fedeli di viale Jenner pregano da quasi sei anni, da quando questa storia infinita si è aperta con lo spostamento del rito del venerdì dai marciapiedi davanti alla sede del centro islamico guidato da Abdel Shaari.
Ma è proprio la paternità del progetto che ha mandato in confusione Palazzo Marino. Dopo anni spesi per incardinare un albo delle associazioni religiose e un dialogo i dirigenti delle associazioni riunite nel Caim, in Comune si sono resi conto che dalla partita era volutamente rimasta fuori la Casa della cultura islamica di via Padova, un'organizzazione di antico radicamento (anche sociale) considerata un modello di trasparenza e interessata a un progetto diverso, che coinvolgerebbe i Paesi arabi. Al contrario i rapporti col Caim, con il passaggio dall'allora vicesindaco Maria Grazia Guida all'attuale Ada Lucia De Cesaris, si sono andati incrinando, tanto che il dossier è passato sul tavolo dell'assessore al Sociale Pierfrancesco Majorino, che è più favorevole al progetto del Caim (anche perché toglierebbe al Comune la costosa grana di bonificare l'area ex Palasharp). Due moschee diverse dunque? Per ora l'ipotesi più probabile è che il Comune provveda a un luogo di culto provvisorio nelle aree Expo. E il resto si vedrà fra qualche anno.

Una non soluzione.

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