La lettera del Comune è arrivata a Giovanni Palummieri a metà agosto. Una ventina di righe in tono burocratico e persino un po' brusco, in cui gli si ordinava, dandogli appena cinque giorni di tempo, di andare a riprendersi le sue cose: come si trattasse di valigie abbandonate in un deposito bagagli. Peccato che non si tratti di valigie ma di due corpi: i corpi dei due giovani figli di Giovanni, Ilaria e Gianluca, ammazzati oltre un anno fa dall'ex fidanzato di Ilaria. Corpi che da mesi questo sventurato padre si batte per poter riavere e cremare, scontrandosi con i rifiuti a ripetizione della magistratura che li considera ancora corpi di reato, nonostante il colpevole sia stato scoperto e il processo già in corso.
Anche all'ultima udienza, lo scorso 9 luglio, il giudice preliminare Vincenzo Salemme - ignorando il parere favorevole del pubblico ministero Cecilia Vassena - ha ribadito che quei corpi appartengono ancora alla giustizia. Se proprio vuole, Giovanni li può seppellire provvisoriamente. Ma di cremarli, come Palummieri ha deciso di fare, non se ne parla nemmeno: così aveva stabilito il giudice. Almeno fino alla conclusione del processo con rito abbreviato, che dovrebbe arrivare a dicembre.
Quel giorno, Palummieri era uscito dall'udienza con gli occhi gonfi di rabbia. L'idea dei suoi ragazzi sotto ghiaccio, in una cella del cimitero di Lambrate, gli toglie quel poco di sonno che gli è rimasto. Poi, nel cuore dell'estate, gli è arrivata la lettera del Comune. Carta intestata del «Settore servizi funebri e cimiteriali», una branca dell'assessorato allo Stato civile retto da Daniela Benelli. Con quel termine perentorio: cinque giorni per avviare le pratiche della cremazione. Le stesse pratiche per la cremazione che la magistratura ha proibito a Palummieri di avviare.
Follia di due burocrazie che non si parlano. Come se del dramma di Giovani Palummieri non avessero riferito i giornali e la televisione. Un dramma iniziato quel giorno di giugno dell'anno scorso, quando Riccardo Bianchi attira prima in un tranello Gianluca, e dopo una sera di chiacchiere e confidenze lo accoltella a tradimento; poi nel cuore della notte va a casa di Ilaria, la lega, la sveglia, la violenta ripetutamente e la ammazza. E dramma proseguito per mesi, quando l'ottusa burocrazia del processo ha trattato il padre delle vittime con disprezzo, e l'assassino con molti riguardi.
All'ottusità della macchina-giustizia, ora si aggiunge l'ottusità della macchina-Comune. Nessuno, in assessorato, sembra essersi reso conto che l'ordine impartito a Palummieri è il kafkiano opposto dell'ordine impartitogli dalla magistratura. E a colpire ancor di più è il tono: invano, nelle venti righe della lettera firmata dal direttore di settore Massimo Borrelli, si cercherebbe una traccia di umana compassione. Al padre dei due ragazzi vien persino ricordato con impiegatizia precisione il giorno in cui i ragazzi sono «deceduti»: come se quelle date non fossero scolpite per sempre nella memoria del genitore di Ilaria e Gianluca.
La lettera merita di essere riportata.
Scrive il dottor Borrelli: «Si evidenzia che il servizio di deposito dei feretri all'interno dei cimiteri ha natura prettamente temporanea, per consentire il disbrigo delle pratiche conseguenti al seppellimento o per altre comprovate esigenze. Considerato il tempo ormai trascorso di deposito, sono evidenti le ragioni di ordine igienico sanitario che impongono di disporne, con urgenza, il seppellimento.
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