«Espropri comunali? Faremo ricorso»

«Espropri comunali? Faremo ricorso»

Il ricorso è servito. Il regolamento edilizio ha visto la luce due giorni fa e già si intravede un possibile contenzioso amministrativo sulle sue norme più controverse. Il vicesindaco e assessore all'Urbanistica, Lucia De Cesaris, artefice del nuovo strumento urbanistico - varato dopo oltre 10 anni dal precedente - ha promesso che sarà sottoposto all'immancabile «tavolo» fra Comune e categorie. E tuttavia alcune di queste hanno già mostrato forti perplessità o contrarietà, soprattutto per la norma, dal sapore ideologico, per cui gli immobili degradati o in stato di abbandono saranno sottoposti all'«uso pubblico». A caldo i costruttori di Assimpredil, col presidente Claudio De Albertis, hanno parlato di una previsione normativa «inaspettata» e a «prima vista» anche potenzialmente «lesiva della proprietà privata», anche se interviene sulla modalità di utilizzo e non sulla titolarità del bene. Dopo la reazione immediata di due giorni fa, Assimpredil ora studia la materia, pronta a far valere le sue ragioni nel tavolo tecnico col Comune.
Ancor più determinata è la reazione dell'associazione della proprietà edilizia, con il presidente, Achille Colombo Clerici, che giudica la previsione dell'«esproprio» comunale «inopportuna e dirigista» e probabilmente anche illegittima per competenza, prospettando uno scenario di impugnazioni quasi assicurate per il regolamento comunale. «Su un diritto soggettivo come la proprietà può incidere solo la legge nazionale, o regionale, non certo norme di carattere regolamentare - spiega Colombo Clerici - quindi c'è un problema di competenza del Comune». Questo vuol dire una cosa sola: «Se una norma viola la legge, è ipotizzabile che qualcuno la impugni. Anzi è fuori di dubbio che ci saranno impugnazioni, in modo diretto o indiretto, cioè della norma o degli atti che su di essa si basano». Al di là degli aspetti formali e di legittimità, poi c'è poi la valutazione nel merito di questi strumenti di «esproprio comunale»: «Quella norma - aggiunge Colombo Clerici - è anacronistica, fuori tempo. É chiaro che nei periodi di crisi le città non prosperano, è inutile colpire chi ora non ha le risorse da investire».
Questa valutazione, poi, si innesta su un'altra questione incandescente, quella fiscale: l'imposizione sugli immobili non si sa ancora come cambierà, ma è probabile che le imposte esistenti, Imu e Tares (rifiuti) siano abbinate, e a carico del proprietario, che dovrà poi rivalersi sugli inquilini: «Oltre a tutte le insolvenze, come i pagamenti di portierato e manutenzioni - riflette Colombo Clerici - la proprietà si dovrà far carico anche della Tares. Emergerà infatti il problema dell'insoluto e sarà solo un modo di scaricare sui proprietari l'onere di rivalersi sugli inquilini inadempienti. Nel sistema inglese le paga l'inquilino». Ultimo aspetto, il cosiddetto «libretto» o tagliando degli immobili, ugualmente bocciato: «Mettere insieme dati e informazioni che sono nella disponibilità solo del Comune, come stato idrico, geologico, materiali - per Assoedilizia - è un compito che può essere assegnato solo al Comune. C'è chi preme da anni per il libretto casa. Ma i proprietari si vedono gravati di un onere ulteriore, senza alcuna utilità».

C'è poi il solito problema giuridico: «Quest'attività deve essere imposta e deve esserlo con legge. E il Consiglio di Stato si è pronunciato sancendo l'illegittimità. Poi - conclude - ci domandiamo perché non si dà più in affitto? Gli inquilini non pagano più, mentre i costi restano e aumentano».

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