Sabrina Cottone
«Quale assurdo groviglio di disperazione e di distrazione, di risentimento e di mortificata razionalità ha insinuato la persuasione che siamo condannati a morte, che il nostro destino è il nulla, che è meglio rassegnarsi a svanire come cenere al vento e che conviene vivere allegramente la morte piuttosto che desiderare ardentemente la vita, la vita eternamente felice?». È uno dei passaggi più forti dell'omelia di Natale dell'arcivescovo, Mario Delpini (nella foto). Un'allusione diretta, etimologica all'eutanasia, alla bella morte. «Quale egoismo spropositato ha indotto a pensare che l'io è il centro del mondo e il criterio del bene e del male, questo io fragile, smarrito, e insieme arrogante e suscettibile, che non può ammettere d'aver ricevuto la vita e si vanta di potersi dare la morte?» chiede ancora.
«Come è successo che a proposito dei bambini ci si chieda quanto costano invece di chiedersi come possa una casa e il mondo intero essere un benvenuto accogliente per i bimbi che nascono? Come stupirsi poi che non nascano più bambini... visto che i bambini costano troppo?» dice Delpini del gelo demografico su cui si interrogano i sociologi.
Un passaggio è dedicato alla pace: «Come è successo che siamo più inclini a subire le cronache di guerre e di morte invece che entusiasmarci per imprese di pace?». Domande solo apparentemente retoriche, alle quali la risposta è sempre cercare risposta in Gesù.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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