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Evasione, Bracco rischia il processo

Chiesto il rinvio a giudizio per la presidente del gruppo farmaceutico. La difesa: «Oneri non deducibili»

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Evasione, Bracco rischia il processo

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Gli ultimi mesi da presidente di Expo, a meno che non decida di fare un passo indietro, Diana Bracco dovrà farli nella scomoda posizione di imputata di evasione fiscale: ed è vero che l'accusa non ha nulla a che fare con la sua posizione nell'evento, e riguarda solo i suoi affari personali e la ditta di famiglia, ma non è comunque una situazione piacevole. Soprattutto da ieri mattina, quando la Procura della Repubblica rende ufficialmente noto che le giustificazioni presentate nei giorni scorsi dalla imprenditrice per replicare alle accuse non sono state ritenute accettabili, e che è stato pertanto chiesto il suo rinvio a giudizio.

Il provvedimento è stato firmato dal procuratore aggiunto Francesco Greco, capo del pool reati fiscali, e dal pm Giordano Baggio, ed è la conclusione dell'inchiesta resa nota il 29 maggio con un comunicato del procuratore Edmondo Bruti Liberati. Diana Bracco, a capo del colosso farmaceutico che porta il suo nome, secondo la Procura ha fatto carte false per scaricare dai bilanci aziendali dei costi che non con le aziende non avevano nulla a che fare, e riguardavano invece la vita privata della signora, la manutenzione delle sue ville ad Anacapri, Nizza Monferrato e in Provenza, e delle sue barche. Tre milioni di fatture, che si sono tradotti nella sottrazione all'erario di poco più di un milione di euro: una cifra relativamente modesta, confrontata alle tasse complessive pagata dalla Bracco spa. Ma proprio per questo gli investigatori della Guardia di finanza si sono chiesti invano che bisogno avesse la presidente di Expo, nonchè vicepresidente di Confindustria, Cavaliere del lavoro e Dama di Gran Croce, di aggirare il fisco.

Dopo l'avviso di chiusura delle indagini preliminari, Diana Bracco non ha chiesto di farsi interrogare ma il suo legale Giuseppe Bana ha inviato una nota ai pm in cui sostengono che si tratta di una vicenda che rientra nella categoria degli «oneri non deducibili» per i quali la legge prevede una soglia di tolleranza che in questo caso non è stata superata. Ma per la Procura sarebbe stata una linea accettabile se le case per cui erano stati spesi i soldi fossero state indicate nelle fatture come «stabili della signora Bracco». Poiché invece erano riferite come appartenenti alla azienda, è stato commesso un reato di falso per il quale non c'è soglia minima.

A questo punto Diana Bracco dovrà decidere se affrontare l'udienza preliminare e l'eventuale processo, o scegliere di patteggiare la pena: in questo caso potrebbe cavarsela con una pena abbastanza lieve, visto anche il «ravvedimento operoso» con cui ha risarcito al fisco il danno arrecato. Nel frattempo dovrà valutare se lo status di imputata sia compatibile con la presenza ai vertici di Expo. In maggio, dopo le prime notizie, il commissario Giuseppe Sala aveva risposto alla domanda sulle eventuali dimissioni della Bracco «prima di fare previsioni, vorrei davvero parlare con lei. Quello che so l'ho letto sui giornali».

Poi non si era più saputo nulla.

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