Quando ormai mancano due sole due settimane, a salire non è solo la febbre dell'inaugurazione. Perché oltre ai padiglioni da completare, le strade che non arrivano e le metropolitane che non partiranno in tempo, a far preoccupare (se possibile ancor di più) è il dopo Expo. Quel milione di mq a Rho-Pero per cui andrà trovata non solo una destinazione urbanisticamente compatibile, ma soprattutto sufficientemente remunerativa per non trasformare i sei mesi dell'evento in un buco nero per le casse pubbliche. E così ieri il governatore Roberto Maroni ha invitato il governo a entrare in Arexpo, la società proprietaria dei terreni. Chiedendo che «ci metta un po' di soldi». Se questo avverrà «con una fusione tra le due società o con un aumento di capitale, si vedrà» ha detto Maroni ricordando che nella società Expo ci sono governo, Comune di Milano e Regione Lombardia, mentre in Arexpo ci sono Comune e Regione, ma non c'è il governo. Quindi «è opportuno che il governo entri, soprattutto se la soluzione sarà il campus universitario». Sfumato infatti il suo progetto di costruire la cittadella olimpica coinvolgendo i privati, a cominciare dal Milan che era interessato a costruirci il nuovo stadio, a rimanere sul tavolo sono il distretto della tecnologia e dell'innovazione che sembra piacere a Comune e Assolombarda oppure il campus universitario suggerito dalla Statale con aule, impianti sportivi e alloggi di studenti e professori. Tutta materia da discutere, insieme agli assetti azionari, venerdì 24 con il ministro Maurizio Martina «dopo averne parlato con gli altri soci». Favorevole il Comune che con il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris si è detto «contento», perché è «necessario un ripensamento delle modalità di gestione degli interventi che non può prescindere da una forte regia pubblica». Nel frattempo «concentriamoci per la chiusura della gara per individuare il soggetto competente a comporre gli elementi del progetto futuro e le diverse opportunità: ricerca, università, tecnologia e verde».
Il commissario Expo Giuseppe Sala, invece, ha voluto rispondere alle cifre di Repubblica che ieri parlava di «progetti tagliati e opere più care», quantificando gli extra costi in 180 milioni di euro. Expo, ha detto a margine della presentazione del cartellone dell'orchestra Verdi, è «una società ipercontrollata» con un cda, un collegio dei revisori e un magistrato della Corte dei conti che siede alle riunioni del consiglio». Difendendo la «gestione manageriale efficiente» e il risultato finale con costi inferiori al budget previsto. «Chiuderemo il conto finale risparmiando perché non ho altre vie, non posso indebitarmi con le banche. Sembra quasi che noi abbiamo tagliato delle opere. Ma quali? Nessuna. Abbiamo fatto un'efficiente gestione manageriale, altrimenti non potremmo consegnare il sito pronto per i primi visitatori e a spese inferiori rispetto a quelle previste».
I costi extra chiesti da alcune imprese - ha spiegato - «non sono semplici aumenti, ma sono dovuti a varianti e lavori supplementari». E ad esempio la Mantovani che ha vinto la gara per la «piastra», ha realizzato le fondamenta di Palazzo Italia «con uno sconto del 42 per cento. Questa cosa dovrebbe essere positiva e invece non la si vuol vedere».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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