Fango dal prof «trombato» nel 2013: inventa un reato contro Altitonante

Piccone era in lista col centrosinistra: portò a casa solo 545 voti

Siediti sulla riva del fiume e vedrai passare il corpo del tuo nemico: e, visto che ci sei, potrai anche sputargli addosso. La vita di Beniamino Piccone, professore dell'università di Castellanza - quella dove insegnò nientemeno che Antonio Di Pietro - era stata segnata da un trauma la cui gravità si apprende solo ora: nel 2013 si era candidato alle elezioni regionali con il centrosinistra, fiducioso che il suo prestigio di docente e la sua brillante produzione accademica spingessero i cittadini lombardi a votarlo in massa. Portò a casa 545 voti. Succede, la trombatura è un rischio del mestiere per chi affronta i marosi della politica.

A Piccone l'insuccesso restò sul gozzo, soprattutto perché confrontò il suo risultato con quello di Fabio Altitonante, esponente rampante di Forza Italia, che portò a casa più del decuplo dei suoi voti: 5.723, per l'esattezza. Cosa avrà mai lui che io non ho?, si deve essere chiesto il povero Piccone in questi sei, lunghi anni.

Ma martedì scorso Altitonante finisce agli arresti domiciliari nell'inchiesta «Mensa dei poveri», accusato di finanziamento illecito e corruzione. E per Piccone è il giorno della riscossa. Festeggia l'arresto del rivale con un messaggio che gronda schadenfreude, e già sull'eleganza di questo gesto si potrebbe discutere. Ma per l'entusiasmo si spinge più in là. Raddoppia i voti presi da Altitonante, che nei suoi incubi devono essere aumentati notte dopo notte, e soprattutto afferma che adesso si capisce da dove venivano: dalla criminalità organizzata. Una accusa che la Procura della Repubblica non ha mai ipotizzato neppure da lontano, perché in tutta la gigantesca inchiesta non c'è un solo indizio in questa direzione. Ma sì, chissenefrega.

Così ecco il tweet festaiolo del trombato: «Quando mi candidai per le elezioni regionali nel 2013 presi solo 545 preferenze contro le 10mila di Altitonante, appena arrestato. Mi è tutto molto più chiaro da dove arrivavano le preferenze #ndrangheta». É una falsità colossale, una ingiuria gratuita contro un avversario che non è in grado di difendersi perché è agli arresti. Eppure sul tweet di Piccone fioccano cuoricini, nel più puro stile di Internet, dove nulla ha più successo delle bufale.

Resta da chiedersi quale considerazione abbia Piccone dei cittadini lombardi: un popolo di malavitosi pronti a votare in massa il candidato indicato dal padrino di turno? E sarebbe interessante anche capire se il professore ha analizzato i flussi elettorali di Altitonante, i seggi di provenienza, la eventuale coincidenza con insediamenti della criminalità calabrese.

Il problema delle commistioni tra politica e mafia esiste, è grave, ed è stato esplorato in più di una inchiesta dalla Procura di Milano. Quando hanno sentito puzza di bruciato, i pm non hanno esitato ad andare all'attacco su questo fronte. Ma stavolta non l'hanno fatto, perché quella puzza non l'hanno sentita. Piccone sì. Chissà dove.

LF

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