Era arrivata a Milano a maggio, sorretta da una fama di dirigente efficiente e di educatrice attenta. Al «Beccaria», il carcere minorile di via Calchi Taeggi, era stata accolta positivamente, come continuatrice della tradizione di attenzione ai bisogni dei giovani detenuti e alle loro speranze di reinserimento. Invece ieri mattina a Alfonsa «Nuccia» Miccichè tocca segnare un primato di cui avrebbe fatto volentieri a meno: è la prima direttrice del «Beccaria» a invertire il proprio ruolo, e ritrovarsi bruscamente detenuta nello stesso carcere di cui fino all'altro ieri era direttrice. È stata messa agli arresti domiciliari nel suo alloggio di servizio, all'interno della grande prigione affacciata sui prati di Baggio.
L'arresto è stato disposto su richiesta della Procura della Repubblica di Caltanissetta, la città dove Nuccia Miccichè prestava servizio fino al maggio scorso. E le accuse che le vengono rivolte riguardano proprio il periodo in cui dirigeva il carcere minorile della cittadina siciliana: corruzione e concussione per induzione. Non si parla di soldi ma di favori: avrebbe assegnato alcuni incarichi per la formazione dei detenuti a una società dove ha poi piazzato la figlia e il fidanzato di quest'ultima. Incarichi da poche decine di migliaia di euro, e lavori non certo lussuosi. Ma per i pm di Caltanissetta il reato c'è lo stesso.
Sessantun anni, rotondetta, sveglia, colta (parla sei lingue tra cui il cinese e l'arabo), un marcato accento siciliano e l'abitudine di parlare chiaro. Nuccia Miccichè è una che viene dalla gavetta, il primo incarico al ministero della Giustizia lo ha avuto lavorando come dattilografa precaria, poi ha salito tutti gli scalini, specializzandosi nel tema delicato della devianza minorile e dei percorsi di recupero dei giovani che approdano in carcere. Al «Beccaria» aveva lavorato già qualche anno fa, come reggente, in un periodo di interregno. Poi era tornata in Sicilia, a Caltanissetta. Prima ancora era stata al minorile di Palermo, il famoso «Malaspina», luogo di devianze forti e di grandi problemi.
Da maggio, col ritorno al «Beccaria» come direttore effettivo, aveva ripreso a fare i conti con una realtà molto diversa da quella siciliana: detenuti quasi tutti stranieri, dialogo difficile. Alessandro Giungi, presidente della commissione carceri del Comune, che in questi mesi ha avuto spesso modo di lavorare insieme a lei, ne parla con stima: «Con me ha sempre mostrato la massima disponibilità. Era sempre pronta ad ascoltare quelle che potevano essere le richieste della commissione, e umanamente sono molto dispiaciuto del suo arresto. Mi auguro che possa dimostrare la totale estraneità alle accuse che le sono state mosse».
Al momento dell'arresto, i carabinieri hanno perquisito sia l'ufficio che l'abitazione della Miccichè all'interno del
Beccaria e hanno sequestrato i computer. Le indagini si sono fermate al maggio scorso, ma ora gli inquirenti vogliono capire se «favori» analoghi siano stati chiesti dalla dottoressa anche dopo avere lasciato la Sicilia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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