Il festival della canapa ovviamente si risolve in una grande fumata

La manifestazione concessa dal sindaco Sala diventa solo una scusa per consumare droga

Michelangelo Bonessa

Dentro si studia seriamente, fuori si fuma. La divisione degli spazi della festa della canapa è netta. Da una parte un servizio d'ordine composto da giganti che ricordano il team della sicurezza di Vladimir Putin visto a Expo 2015. Dall'altra un'allegra combriccola di musicisti e utilizzatori entusiasti della pianta più discussa degli ultimi anni.

La lista dei relatori messa in campo dagli organizzatori (lo sponsor politico è il Movimento 5 Stelle), comprende giornalisti, imprenditori e ricercatori che si sforzano dati alla mano di dimostrare le potenzialità curative e industriali della canapa. Ma quella di chi nella parte all'aperto dei Lambretto Studios celebra il vegetale con ampie boccate da spinelli è altrettanto lunga.

La serietà delle argomentazioni si trova nelle decine di posti di lavoro già creati: della decina di aziende presenti con uno stand, nate per la maggior parte negli ultimi 24 mesi, tutte hanno numeri piccoli di business, ma già forniscono un impiego a decine di persone. Come Poppybox, ditta italiana che produce in Slovenia e dà lavoro a una ventina di giovani. Vende un pacchetto simile a quello delle cartine, ma fatto a mano e con dentro pure mini fiammiferi, filtri e persino il preservativo per vivere in sicurezza le voglie improvvise. Cannabitrò è l'azienda campana che vende pasta, birra, caffè e soprammobili biodegradabili. Oppure 420muranoglass che propone dei bong, un tipo di pipa per fumatori, in vetro di Murano. Ogni pezzo è unico, quello più economico costa ben 420 euro, quello più caro 890. Fumare dunque costa a volte quanto uno stipendio di bassa fascia. Oppure ancora Antico Seme, società che in Umbria impiega una decina di persone: «Stiamo coltivando venti ettari di canapa per uso industriale - spiega Lucio Boschi - abbiamo una resa di 6 quintali per ettaro, di questi il 70 per cento serve per le farine, il 20 per l'olio e il restante viene usato per i mangimi».

Gli esempi potrebbero continuare con la Hemprinted, stampati 3D, o Hemp Eco System Sa, prodotti bio per l'edilizia, ma manca un dettaglio: mentre dentro si parla di un prodotto senza alcun effetto psicotropo, fuori si festeggia la sorella «cattiva». Quella cioè avversata da chi non disdegna la sbronza durante le feste comandate. Così mentre un politico rilascia una rigorosa intervista alle televisioni, alle sue spalle passa un ragazzo che al telefono avverte la fidanzata che sta tornando a casa «perché amore sono fatto come un lampione».

Due facce della stessa medaglia che ripropongono uno dei nodi che impediscono lo sviluppo di un «settore veramente green» spiega uno dei relatori: gli investimenti sono bloccati o contrastati, quando l'unico elemento che manca davvero sono le macchine per trasformare il prodotto base. Ne esistono solo due a Taranto e a Carmagnola, ma Manzoni non ne farà una tragedia. La prendono male invece i malati, la cannabis terapeutica l'ha presa anche un presidente di consiglio di municipio a Milano e gli imprenditori che cercano di svolgere un lavoro serio e vengono spesso trattati come spacciatori albanesi. In un contesto come la Lombardia pare ancora più strano l'atteggiamento ostile spesso provato da chi parla del tema: dalle casse della Regione sono usciti milioni di euro pubblici per sperimentazioni e ricerche. Denari di cui hanno chiesto il rendiconto proprio i grillini, senza ottenere risposte che li soddisfacessero.

Forse sono andati in fumo, forse no. Intanto si continua a parlare delle due tipologie diverse di canapa come fossero la stessa. C'è chi polemizza, scrive e studia. E chi la risolve con un'ampia boccata. Green ovviamente.

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