Persona informata sui fatti: in questa veste il presidente di Sea Giuseppe Bonomi è stato interrogato dalla Guardia di finanza nei giorni scorsi, su delega del procuratore aggiunto Alfredo Robledo. In questa veste - ovvero come testimone- ha dato la sua ricostruzione «dall'interno» dei mesi cruciali in cui, appena dopo il cambio di giunta a Palazzo Marino, è stato messo in mano al fondo F2i il 29,75 dell società aeroportuale milanese. E ha dato la sua spiegazione anche del mistero su cui sono andate a sbattere le indagini di Robledo, e che ha portato le Fiamme gialle a perquisire gli uffici di Bonomi: la consulenza affidata da Sea ad Alessandro Profumo per analizzare il progetto di dismissione delle quote delle stessa Sea. Perché, si domanda Robledo nel decreto di perquisizione, Sea affida e paga un incarico relativo ad un progetto che in realtà è del Comune? E, si domandano i giornali, perché l'incarico finisce proprio ad Alessandro Profumo, e più esattamente ad una società di consulenza, la Appeal Strategy, nata appena tre mesi prima e che avrà nel 2011 come unico incarico la consulenza Sea?
Alcune risposte a queste domande adesso si possono dare. E spiegano l'incarico a Profumo come la conseguenza delle tensioni sotterranee scatenate tra Sea e Comune dopo il cambio della guardia a Palazzo Marino nell'estate dello scorso anno: quando il progetto di quotazione in borsa di Sea viene messo da parte, e il sindaco Pisapia e il suo assessore Bruno Tabacci lanciano il piano di dismissione di una parte delle azioni Sea in mano al Comune. Per Bonomi il rischio è quello di trovarsi a guidare una società pesantemente condizionata dai nuovi azionisti. E soprattutto di vedere andare in frantumi il progetto di quotazione in Borsa che per il presidente continua a essere il destino naturale di Sea. A incombere sulla scena, e a rendere tutto più complicato, c'è il dividendo straordinario che il Comune vuole a tutti i costi da Sea per dare ossigeno alle casse municipali, e che Bonomi vede come il fumo negli occhi.
Le date sono importanti. Siamo all'inizio di settembre. L'esistenza di un progetto per la dismissione di Sea verrà resa nota da un articolo del Sole 24 Ore solo il 28 settembre. Ma Bonomi evidentemente ha già capito dove tira il vento e decide di giocare d'anticipo. Il presidente di Sea ha evidentemente idee piuttosto precise anche sull'interlocutore che verrà scelto dalla giunta Pisapia: le mire di F2i sulle partecipate dal Comune sono note fin dai tempi della Moratti; lo stesso Bonomi ha incontrato Gamberale all'inizio dell'anno per sondarlo su un'ipotesi di ingresso in Sea, arrivando a ipotizzare un accordo sulla governance dell'azienda. E ha avuto modo di capire che le pretese di Gamberale rischiano di risultare, come dire, un po' invasive per la gestione della società.
Così il 14 settembre Bonomi fa la sua mossa: dà l'incarico a Alessandro Profumo di «monitorare» quanto si muove intorno a Sea e di «valutare» gli scenari possibili. La scelta non è casuale: Profumo è in ottimi rapporti con Bonomi ma anche con gli uomini della nuova giunta (tant'è vero che di lì a poco diverrà consulente dell'assessore Boeri), e difficilmente un suo parere può essere disatteso. La mission è chiara: a Profumo, Bonomi chiede di trovare il modo per garantire che l'ingresso dei nuovi soci non pregiudichi definitivamente la quotazione in Borsa di Sea, e di spiegare, conti alla mano, che il dividendo straordinario strozzerebbe la società.
E questo è il succo della consulenza di Profumo, quella che mercoledì scorso i finanzieri sequestrano negli uffici di Bonomi. Finora, l'unica traccia era emersa il 28 marzo scorso quando Bonomi in una audizione a Palazzo Marino dopo l'esplosione dello scandalo: «Abbiamo svolto, insieme a nostri consulenti, alcune verifiche tecniche relativamente al nuovo Statuto».
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