Sala, la firma a sua insaputa e quel reato "innocuo"

Sala, la firma a sua insaputa e quel reato "innocuo"

Quando un politico, in un'aula di tribunale, deve pronunciare le parole «non ricordo», sa già in partenza che quel binomio gli resterà addosso a lungo. Se poi deve ammettere che qualcosa gli è passato sotto il naso senza che se ne accorgesse, è rassegnato a entrare nel club «a sua insaputa»: che una volta era locuzione innocua, ma che ora - da Scajola in poi - marchia i presunti furbacchioni. Dunque Beppe Sala, quando ieri mattina si è andato a sedere sulla sedia degli imputati, sapeva già che non sarebbe stata una giornata facile: almeno dal punto di vista mediatico. Ma la linea difensiva era quella, studiata e ristudiata insieme a Salvatore Scuto e Stefano Nespor, i suoi legali di fiducia. E lì bisognava attestarsi. La questione ora è: il sindaco è riuscito a trarsi d'impaccio? A instillare nei giudici, se non la convinzione della sua innocenza, almeno la stilla del «ragionevole dubbio»? Il falso è stato commesso, su questo non ci piove. A fin di bene: ma nelle aule di tribunale il fine non giustifica i mezzi. Esiste invece, nel diritto, il concetto di «falso innocuo». Nessuna vittima, nessun vantaggio indebito a nessuno: reato depotenziato fino a sparire. Ma è un sentiero impervio. È vero che nel processo a Infrastrutture Lombarde alcuni atti, indubbiamente retrodatati, sono stati considerati penalmente irrilevanti, proprio perché risultati innocui. Ma si trattava di atti interni all'ente. Quello contestato a Sala è invece un atto rivolto ai mercati, destinato a segnare il percorso di una gara d'appalto da centinaia di milioni di euro. Alla fine si sarà anche rivelato innocuo, ma quando - in una sorta di impazzimento generale - si decise di «taroccare» il verbale, nessuno poteva saperlo. Il 13 maggio, quando prenderà la parola per la requisitoria, il procuratore generale Massimo Gaballo chiederà la condanna di Sala: se c'erano dei dubbi, la palese incredulità con cui il rappresentante della accusa ha seguito l'interrogatorio del sindaco e una serie di domande del controesame, li hanno fugati. C'è però un appiglio che si è materializzato in aula, ed è un appiglio importante perché lo ha offerto a Sala il giudice che dovrà decidere la sua sorte. Paolo Guidi, presidente del tribunale, chiede a un certo punto: «Lei ha firmato il secondo verbale il 31 maggio e dice di non avere fatto caso che portasse la data del 4 maggio. Vuol dire che lei intendeva che la modifica si faceva a partire da quel momento?». «Certamente». «Non si è posto il problema che il 18 la commissione si era già riunita?». «Io ero focalizzato sulla riunione importante che era fissata per il 4 giugno».

Sala, insomma, potrebbe non aver voluto sistemare una regolarità già commessa, ma semplicemente risolvere il problema. Potrebbe mancare, cioè, quello che i giudici chiamano «l'elemento soggettivo del reato», ovvero la volontà di infrangere la legge. Si vedrà.

LF

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