Stavolta è una certezza: a parte il gioco di parole non c'è puzza di bruciato e di malaffare dietro l'incendio scoppiato l'altra notte a Milano in un deposito di rifiuti ingombranti dell'Amsa, a Muggiano. E con il passare delle ore scema anche il pericolo ambientale.
Periferia nord ovest della città, qualche minuto prima della mezzanotte di sabato. Decine di telefonate arrivano al centralino dei vigili del fuoco per segnalare un fortissimo odore di fumo proveniente da un deposito di rifiuti ingombranti dell'Amsa, in via Riccardo Lombardi 13. Scatta l'allarme e il risultato è facilmente immaginabile se vi diciamo che per tutta la mattinata di ieri tre mezzi dei pompieri sono rimasti impegnati a spegnere l'incendio in maniera definitiva. Sì perché mentre oltre duecento tonnellate di rifiuti nella notte venivano divorati dalle fiamme - nate pare proprio da cause del tutto accidentali - la precarietà della struttura non ha permesso ai vigili del fuoco di entrarci. Le loro otto squadre giunte sul posto, infatti, sono state costrette a bagnare dall'esterno del capannone la montagna di rifiuti, in gran parte mobili accatastati e materassi che, proprio per l'impossibilità di accesso nel deposito, non si potevano «smassare» e rimuovere. Ora lo scheletro della struttura rimasto in piedi potrebbe cedere da un momento all'altro.
Sul posto sono arrivate anche tre ambulanze in via del tutto precauzionale. Fortunatamente infatti non ci sono stati né feriti né intossicati. A quel punto l'attenzione, vista la spessa coltre di fumo formatasi, si è tutta focalizzata sul danno ecologico e sull'eventualità della formazione di una grossa nube tossica. Allertata l'Arpa, l'ente che si occupa di monitorare la qualità dell'aria e la squadra Ncbr (nucleare, biologico, chimico e radiologico) dei vigili del fuoco, specializzata nella rilevazione di sostanze dannose per l'organismo e l'ambiente, è stato accertato però che, vista la tipologia del materiale distrutto dal fuoco (masserizie appunto), non dovrebbero esserci problemi di inquinamento.
L'ultimo caso davvero problematico sotto ogni aspetto è quello del settembre scorso con il rogo scoppiato a Mortara, a due passi da Pavia, dove l'azienda «Eredi Bertè» andò a fuoco proprio lo stesso giorno in cui doveva aprire le porte agli ispettori dell'Arpa.
L'incendio causò enormi danni ambientali, costringendo sindaco e prefetto a chiudere le scuole e a ordinare ai residenti di barricarsi in casa, chiudere ogni spiffero, distruggere i raccolti, spegnere i motori delle trebbiatrici, vietando persino il pascolo.
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