A fuoco l'abitazione dell'analista morto La pista dell'eredità

La casa era chiusa ma il rogo sembra doloso Dubbi dei carabinieri sui segni di effrazione

Uno stabile signorile nel pieno centro di Milano, un appartamento vuoto e sigillato da circa una settimana, una porta forzata e un incendio quasi certamente di natura dolosa. Gli estremi del mistero ci sono tutti. Soprattutto se parliamo di un'abitazione dove, fino al 9 ottobre e da anni, ha abitato uno psicanalista in pensione, Giorgio A., classe 1926. Che lì ha vissuto, esercitato la sua professione ed è morto appunto in quella data, lasciando la casa ai suoi eredi.

Domenica sera, una manciata di minuti prima di mezzanotte, gli inquilini degli undici appartamenti del palazzo di via Cosimo del Fante 8 - un condominio a pochi passi dalla basilica di Sant'Eustorgio e dal Parco delle Basiliche - sono stati sgomberati dai vigili del fuoco e dai carabinieri dopo che un incendio, scoppiato al secondo piano, appunto nell'appartamento dello psicanalista deceduto pochi giorni prima, non solo aveva devastato l'abitazione del poveretto, ma stava per distruggere anche quella al piano superiore.

Superati lo spavento con annessi e connessi, i carabinieri della compagnia Duomo avvertono gli eredi del medico. Le fiamme, infatti, per motivi ancora non del tutto chiari, sono partite proprio da lì, dall'appartamento ormai disabitato del loro parente deceduto qualche giorno prima.

«Eppure l'abitazione è stata chiusa a chiave dopo i funerali» ribattono sbigottiti i parenti dell'ormai ex professionista. Ed è a quel punto che gli investigatori fanno loro notare che sulla serratura della porta d'ingresso dell'appartamento ci sono, chiarissimi, dei segni di effrazione.

Quando i vigili del fuoco sostengono di non poter escludere il dolo, però, per i carabinieri iniziano legittimi (e numerosi) interrogativi. Si chiedono innanzitutto chi poteva avere interesse a introdursi in quella casa per poi appiccare il fuoco. Doveva trattarsi di una o più persone che avevano anche la necessità di nascondere in ogni modo l'assenza di ciò che avrebbero fatto sparire: se si fosse trattato di un semplice furto messo a segno da ignoti, infatti, perché incendiare addirittura l'appartamento visto che, dopo aver forzato la porta, poteva andare tutto liscio, passando addirittura inosservato?

I militari si domandano a quel punto anche se l'effrazione è autentica o chi l'ha fatta, magari pur avendo la chiave, abbia voluto simulare per qualche ragione un furto? E nel caso non si sia trattato veramente di un incendio accidentale, ma doloso (i pompieri, per ragioni che non ci è ancora dato conoscere, non hanno ancora sciolto del tutto la riserva) cosa ci poteva essere d'importante o, comunque, di così grande valore, da spingere qualcuno a creare tanta scompiglio appiccando il fuoco e rischiando addirittura delle vittime?

I parenti, al momento, viste le

disastrose condizioni in cui la casa è stata ridotta dal rogo, non sanno dire che cosa manchi dall'abitazione del vecchio psicanalista in pensione. E nel palazzo non ci sono telecamere. Le indagini proseguono, il mistero resta.

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