Roberto Maroni, ultimo giorno da presidente della Regione. Un passaggio di consegne senza campanella e con grandi sorrisi.
«Io sono ottimista per carattere, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno, questo aiuta a superare le avversità, e io ne ho dovute affrontare parecchie. Poi ho la pressione bassa (sorride)».
Si direbbe che si sente sollevato.
«È stato un giorno di festa, la chiusura di 5 anni di lavoro intenso, un'esperienza positiva. Io ricevetti una campanella, ma a Fontana ho consegnato un dossier con le cose fatte e quelle aperte. È un giorno di festa e di sollievo, è vero, per un peso che è molto, molto, molto, lo dico tre volte, molto superiore a quello che si sente da ministro dell'Interno».
Nessuna amarezza?
«Amarezza? No. Per cosa? Ricordo che già durante un convegno con i presidenti delle Province di Trento e Bolzano (...)io avevo detto: Non penso di ricandidarmi. C'era già Salvini segretario, quindi era il 2014, prima di Expo comunque. Ci sono stati una serie di motivi, poi la conferma di questa decisione l'estate scorsa. Ho deciso tutto io».
C'è da dire che, dal suo punto di vista, non poteva esserci un successore migliore a cui lasciare la Regione. Attilio Fontana.
«Certo. Attilio è varesino come me, è milanista, è avvocato come me. Più di così... Ho provato anche a fargli uno scherzo, cambiando la disposizione dell'arredo nell'ufficio. Deve sapere che, quando sono arrivato, ho trovato il tavolo di Formigoni con dodici sedie davanti, tipo apostoli. Io invece ho messo un tavolo rettangolare, poi divano e scrivania. Ho cambiato tutto, pensando che Fontana, arrivando, avrebbe spostato tutto di nuovo, ma non ci è cascato».
Ha appena detto che lei è avvocato, come Fontana. Cosa vede nel suo futuro. Tornerà a esercitare?
«Sì, certo. Penso a un impegno che tenga insieme le mie due vite precedenti. Prima ho fatto l'avvocato, anche per società, banche, multinazionali. Poi per 30 anni attività politica e istituzionale. Dopo aver pensato al bene comune - sia detto senza alcuna retorica - ora penserò un po' anche a me. Credo di poter dire che conosco la pubblica amministrazione. Penso a un'attività di pubblic affairs, profili interessanti e anche molto richiesti oggi».
Ricorda spesso, giustamente, Marco Biagi, il giuslavorista vittima delle Br che ha collaborato con lei al ministero. Il passaggio di consegne in Regione è stato celebrato in una sala dedicata a lui. Della sua lunga vita istituzionale, qual è il passaggio più bello? Da ministro del Welfare?
«Il momento più commovente senz'altro è stato quello. Le pagine più belle sono state quelle da ministro dell'Interno, coi risultati ottenuti nel contrasto alla criminalità organizzata. La pagina più commovente è quella invece, quando Biagi fu assassinato. Era una persona straordinaria, io gli davo del lei, per una forma di timore reverenziale verso un professore. Alla fine siam arrivati al tu. Non dico che fossimo amici ma si era instaurata una forma di confidenza. Mi aveva parlato dei suoi timori e io li avevo rappresentati... È stato un rapporto molto intenso».
Lei sarà sempre leghista?
«Certo e continuerò con la politica, ma senza incarichi istituzionali. Avrei potuto ricandidarmi e vincere ma la politica si può fare anche senza incarichi, in modo più divertente e più libero forse».
E ci sono le Olimpiadi degli oratori.
«Certo, fra le tante cose in cui mi hanno coinvolto c'è questa cosa, molto bella, che abbiamo seguito come Regione prima come evento sperimentale, adesso sarà ogni 4 anni. A fine giugno a Milano. Una cosa davvero spettacolare, con una sorpresa».
E la sua musica?
«Torno a suonare. Lo faccio da sempre ma in questi anni avevo lasciato un po' andare. Non tanto per mancanza di tempo quanto per lo stress. Quando arrivavo a casa ero talmente stanco che volevo solo dormire. Adesso riprendo. E sa cosa diceva Louis Armstrong? Solo la musica sopravvive».
Si riprende la sua vita.
«Oh yes».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.