«Si domanda spesso: l'Onu dov'è? Non vogliamo che qualcuno un giorno possa chiedersi dov'era la Lombardia mentre succedevano queste cose». Raffaele Cattaneo, presidente del consiglio regionale, spiega anche così il senso della mozione a tutela della libertà religiosa e dei cristiani perseguitati in Iraq che arriva oggi in aula. Luca Del Gobbo, capogruppo di Ncd e primo firmatario del documento, annuncia anche che il suo gruppo devolverà la diaria di oggi, circa 250 euro lordi, in favore dell'iniziativa «Adotta un cristiano di Mosul». L'appello ai consiglieri di tutti i gruppi è a fare altrettanto. La mozione chiede anche che la Regione preveda uno stanziamento ad hoc . Un modo di aiutare la popolazione sfollata direttamente in Iraq o agli immediati i confini, evitando che siano costretti a migrazioni di massa di cui già vediamo terribili testimonianze nelle nostre città.
La mozione prevede un gesto simbolico: esporre sul Pirellone, su Palazzo Lombardia e sugli altri luoghi istituzionali la lettera araba «N», che sta per Nassarah, cioè Nazareno. Come Gesù. Il simbolo, usato per marchiare e discriminare i cristiani in Iraq, poi è stato adottato come forma di solidarietà per le persone perseguitate.
Ma soprattutto si punta a atti concreti in favore dei cristiani e non solo. La raccolta fondi gestita da Asianews per il Pime, il Pontificio istituto per le missioni estere, destina i fondi al patriarca di Bagdad e ai vescovi del Kurdistan. La campagna serve «a nutrire, alloggiare, vestire, consolare oltre 150mila profughi cristiani, yazidi, turkmeni, sciiti e sunniti, fuggiti dalla violenza dell'esercito del Califfato islamico».
Padre Rebwar Basa, sacerdote caldeo iracheno, dà la sua testimonianza da Roma, in collegamento Skype con la conferenza stampa: «Giorno per giorno la situazione dei cristiani in Iraq e dei nostri fratelli yazidi sta peggiorando. Veniamo cacciati dalle città. Non c'è da mangiare, né da dormire, né tante altre cose». Ma allora che cosa si può fare di concreto? «Vogliamo ringraziare gli italiani che ci hanno già aiutato e Papa Francesco, per i suoi ripetuti interventi. Servono ancora aiuti per alloggio cibo medicine e ora la scuola che tra poco comincia. Inoltre, chi vuole lasciare il Paese chiede il diritto di essere considerato un rifugiato. È un Paese distrutto, devastato da guerre e ingiustizie».
Padre Basa racconta la sua vicenda personale: «A luglio sono stato in Iraq e ho visto i miei a Erbil. Il convento di Mosul, dove ho vissuto nove anni, la sento più che la mia casa.
Oggi questo convento è un campo dell'esercito: hanno lasciato i loro uffici per trasferirsi lì da noi. I miei fratelli avevano abbandonato un convento tra Mosul e il Kurdistan. Ora sono tornati, rischiando la vita. Hanno deciso di farlo anche per incoraggiare i cristiani in fuga a tornare ai loro villaggi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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