Chiarirà probabilmente non pochi dubbi l'autopsia prevista per stamane all'istituto di medicina legale di Pavia sul cadavere di Cosimo Vincenzo Carino, 73 anni, ormai ex imprenditore di origine pugliese nel campo dei prodotti da forno, trovato morto con una profonda ferita alla gola, la mattina del 31 dicembre, all'interno del suo furgone Mercedes «Vito» nero a Viboldone, comune di San Giuliano Milanese noto per l'abbazia che dà il nome alla località. Del corpo senza vita si è accorto un passante che intorno alle 9,30 di domenica, ha notato il mezzo fermo a lato di via Folli, in una zona molto isolata a 150 metri dal complesso religioso. L'uomo era seduto nel lato del conducente, ma riverso in parte sul sedile del passeggero e secondo la successiva analisi del medico legale era morto nella nottata.
I carabinieri della compagnia di San Donato Milanese che svolgono gli accertamenti coordinati dalla Procura della Repubblica di Lodi, indagano per omicidio. Ma dai primi accertamenti non si esclude che possa anche trattarsi di un suicidio. Quella di Carino, infatti, non era più vita da un pezzo. In particolare da quando, in precarie condizioni economiche, 4 anni fa l'uomo era stato costretto a chiudere la sua azienda di prodotti da forno, la «Cama» di San Giuliano Milanese. Incensurato, sposato e padre di due figli maggiorenni che vivono a Milano con la ex moglie, l'uomo aveva avuto un terzo ragazzo, ora quattordicenne da una compagna che abita nel Varesotto e dalla quale si era però separato da qualche mese. Le due donne molto spesso gli offrivano un letto per dormire e lo invitavano a mangiare qualcosa a casa loro. Carino infatti non abitava sul suo «Mercees Van» anche se il mezzo, seppur privo di assicurazione e ancora intestato alla vecchia società, costituiva l'unico bene rimasto in suo possesso. Il morto attraversava quindi non solo un periodo di grande difficoltà economica (pare avesse parecchi debiti), ma era anche depresso per una vita privata che, come quella professionale, sembrava procedere di male in peggio. Questo non basta ovviamente a far supporre il suicidio, anche per la particolare brutalità del modo scelto. A far pensare i carabinieri al delitto è soprattutto il particolare della mancanza dell'oggetto con cui è stata inferta la ferita mortale che non si trova né in auto né nei dintorni.
Secondo una prima ricostruzione la lesione alla gola sarebbe stata inferta all'esterno del furgone. Un colpo alla gola a bordo strada, nei pressi di un guard-rail, oltre il quale c'è una roggia con una fossato e dell'acqua. Quindi, come dimostrano le tracce di sangue sul terreno Carino sarebbe risalito sul veicolo.
Il coltello (o l'oggetto usato) non è stato trovato nel rigagnolo d'acqua, ma ci sono dei detriti anche di vetro che potrebbero essere stati utilizzati in qualche modo per produrre la lesione alla gola. Una ferita comunque davvero molto profonda e gli investigatori devono ora chiarire se si tratti di omicidio o suicidio.
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