Cristina BassiSi è detto «sconvolto» e ha chiesto perdono. Anche se, ha ammesso, «il perdono è poco». Claudio Giardiello era in aula ieri al tribunale di Brescia e ha parlato davanti ad alcuni parenti delle tre persone che ha ucciso. L'imputato a processo per la sparatoria del 9 aprile 2015 al Palazzo di giustizia di Milano in cui sono rimasti uccisi l'imprenditore Giorgio Erba, il giudice Fernando Ciampi e l'avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, è comparso davanti al gup Paolo Mainardi. L'udienza è stata subito aggiornata al prossimo 5 aprile. I familiari delle vittime, parti civili al processo, hanno chiesto la citazione per responsabilità civile del datore di lavoro delle guardie giurate del tribunale, la All System. «Non ha senso che io chieda perdono - ha detto l'ex imprenditore rivolgendosi ai parenti degli uccisi - perché per quello che ho fatto chiedere perdono è poco. Ma voglio che sappiano che sono sconvolto per quello che ho fatto». L'avvocato di Giardiello, Andrea Dondè, ha commentato: «Per la prima volta sta avendo reazioni normali e mostra pentimento. Sa benissimo che per lui la vita è finita, che il carcere sarà la sua realtà da qui a sempre». Le accuse a carico dell'ex imprenditore sono di omicidio premeditato plurimo, tentato omicidio e lesioni aggravate. Roberto Piazza, 45 anni, l'addetto alla sicurezza che non avrebbe controllato la borsa di Giardiello all'ingresso del palazzo il giorno dell'udienza per bancarotta fraudolenta, è invece accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni aggravate. L'avvocato Dondé ha preparato una consulenza psichiatrica di parte da cui risulta che il suo assistito era parzialmente incapace di intendere e di volere al momento degli omicidi. Chiederà il rito abbreviato condizionato a una perizia, cui le parti civili si oppongono. Se la richiesta non verrà accolta, chiederà il rito abbreviato secco. Per Piazza i difensori, in caso di rinvio a giudizio, hanno chiesto il processo con rito ordinario. Molti punti però restano da chiarire a proposito della dinamica dei fatti del 9 aprile di un anno fa. A cominciare dalla fragilità del sistema di sicurezza del Palazzo di giustizia, che quel giorno ha rivelato tutte le proprie falle. Giardiello agì con lucidità, sicuro ad esempio della presenza in ufficio del giudice Ciampi.
Come faceva a conoscere i buchi nella rete della sorveglianza e le abitudini di una delle vittime designate? Ma soprattutto: è riuscito a portare con sé la pistola confidando in un (possibile ma non certo) momento di distrazione delle guardie oppure l'arma è entrata in tribunale in un altro modo? Intanto ieri sul profilo Facebook di Claris Appiani, ucciso a 37 anni nell'aula al terzo piano del tribunale dove doveva testimoniare, è comparso un commento dei suoi genitori: «Giardiello ha chiesto scusa. Ha chiesto scusa per aver macchiato la camicia di Lorenzo. Peccato che le macchie erano di sangue, erano enormi e non vanno più via».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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