Giotto torna a Milano a Palazzo Reale dove, negli anni prima della morte, avvenuta nel 1337, era stato chiamato da Azzone Visconti: pochi lo sanno ma Giotto affrescò una parte dell'allora Palazzo Ducale con una Gloria Mondana, un dipinto celebrativo e non religioso, e una serie di uomini illustri. Tutto perduto, purtroppo. Tutto o quasi, perché tracce del suo passaggio restano in un frammento di «Crocifissione» ritrovato solo alla fine degli anni Venti nel campanile della chiesa di San Gottardo in corte e nelle decorazioni giottesche di due delle abbazie più belle della campagna milanese, quella di Chiaravalle e di Viboldone, tappa obbligata fuori porta della mostra «Giotto, l'Italia» che aprirà alla fine dell'estate (dal 2 settembre al 10 gennaio 2016, catalogo Electa). La mostra è promossa dal Mibac e dal Comune, ideata da Éupolis Lombardia con la curatela di Pietro Petraroia e Serena Romano. Alte, va da sé, sono le aspettative e se nulla si sa ancora circa l'allestimento affidato all'architetto Mario Bellini, possiamo subito dire che sarà una mostra che celebra (anche) l'assenza: è allestita nelle sale in cui, si diceva, Giotto lavorò a uno dei suoi capolavori perduti e, a fronte di dodici (forse tredici) opere autografe, il rammarico è per il nein della Gëmaldegalerie di Berlino che non ha concesso né «La crocifissione» né la «Dormitio Virginis». Dunque, solo una dozzina di pezzi? «E' una mostra di capolavori assoluti – spiega la Romano – , una mostra di monumenti». Il più pregiato dei quali è quel Polittico Stefaneschi in arrivo dai Musei Vaticani: da quando venne realizzato da Giotto non è mai uscito dal Vaticano. Anche Firenze e Bologna sono state generose: dagli Uffizi arriva la «Maestà», dalla Basilica di Santa Croce il Polittico Baroncelli e dalla Pinacoteca Nazionale il Polittico di Bologna. «Rimutò l'arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno»¸ diceva di Giotto Cennino Cennini già alla fine del Trecento, come dire che fu un rivoluzionario in vita, un innovatore capace nell'arte del dipingere quanto in quella di tessere relazioni, dal papa al re di Napoli, dai banchieri fiorentini a quelli padovani. Fu l'uomo che traghettò l'arte italiana fuori dagli stilemi del Medioevo: addio alle due dimensioni, i corpi devono esistere nello spazio, devono avere massa e forma (anche fisionomica, non un personaggio è uguale all'altro). La mostra – 1.900mila euro d'investimento, con il ministero attivo sulle garanzie di stato per l'assicurazione - segue attraverso opere mai esposte prima a Milano le tappe di Giotto «artista-viaggiatore» tra Firenze, Roma, Assisi, Bologna, Rimini, Padova, Milano: si comincia con gli anni giovanili, con le sale dove saranno esposte la Maestà della Vergine da Borgo San Lorenzo e la Madonna di San Giorgio alla Costa, segue il nucleo dalla Badia fiorentina, la sezione dedicata ai lavori padovani e ai lavori per Santa Reparata, per culminare con l'esposizione del polittico Stefaneschi, dipinto per l'altare maggiore di San Pietro.
Chiudono il percorso i capolavori della vecchiaia: il polittico di Bologna e il Baroncelli per Santa Croce che in mostra sarà finalmente ricongiunto con la sua cuspide, un pezzo che volerà a Milano dal Museo di San Diego, in California.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.