Massimiliano Salini torna in campo per le Europee, in quale posizione di lista?
«La lista è l'ultima cosa. Partiamo dal fatto che il primo nome in campo è quello di Silvio Berlusconi. Il resto sarà definito al momento giusto».
L'obiettivo elettorale di Forza Italia è superare il 10% e avvicinarsi al voto delle ultime regionali, giusto?
«Obiettivo è essere un interlocutore puntuale e rigoroso del mondo produttivo italiano e del ceto medio che ha fatto grande il nostro Paese. Sicuramente quell'obiettivo numerico è alla nostra portata. In Lombardia siamo al governo con assessori chiave, siamo strategici nelle maggioranza di Fontana. Saremo un pilastro anche alle Europee».
La Lega sta rappresentando a quel mondo produttivo del Nord che citava?
«No, non lo sta rappresentando. Parliamo della libera intrapresa, non solo in economia, ma pure nella libertà di educazione, nella scuola paritaria. Questo approccio è il pilastro della nostra proposta politica. La Lega è un nostro alleato ma ha mostrato spesso grande imbarazzi e ambiguità. Queste istanze invece possono essere rappresentate con forza nel centrodestra, con Fi».
Lei rappresenta anche i valori di un mondo cattolico e «centrista»?
«La mia attività politica nasce soprattutto dalla volontà di rappresentare quel mondo, dal quale provengo. Un mondo nato dall'incontro fra cultura cattolica e liberale, che riconosce ancora la forza dell'Appello di liberi e forti di Sturzo richiamato anche da Berlusconi. Un mondo che porta avanti il principio più società meno Stato, in tutti i campi».
Idee che sembrano minoritarie in tempi di statalismo.
«Il governo attuale ha dimenticato questo ordine delle cose che ha fatto grande l'Italia. Non c'è niente di più contrario alla nostra storia di quel che fanno col reddito di cittadinanza. Noi vogliamo il contrario: gente che lavora, che rischia. Torneremo grandi valorizzando questi principi. Lisciare il pelo all'assistenzialismo ci fa fare passi indietro. La Lega, contrariamente all'ottima condotta nelle Regioni, ha deciso di strizzare l'occhio a chi la pensa così al governo del Paese. Ma è una svista che si concluderà a breve, con una crisi che ormai è alle porte».
Ne è certo?
«Sì, dopo le Europee servirà una manovra correttiva nell'ordine di 5-7 miliardi e il governo non reggerà a questo schiaffo meritato, si dovrà ridefinire tutto: la prospettiva è un ritorno del centrodestra».
Europeista o sovranista?
«Un centrodestra che sia coerente con l'europeismo, ma che non sia supino all'asse franco-tedesco, con un nuovo protagonismo dell'Italia».
Con una politica estera che non potrà avere ambiguità come quelle dell'attuale governo sul Venezuela.
«Fi e Tajani hanno subito sostenuto la forza democratica rappresentata da Guaidò, ma su questo anche la Lega è chiara. C'è la possibilità di una politica estera più coerente».
Come giudica la rottura con la Francia?
«Una battuta d'arresto grave. Io come relatore del programma spaziale europeo, 17 miliardi, ho impedito un monopolio franco-tedesco. Ma un conto è difendere gli interessi del Paese, un conto è distruggere relazioni internazionali danneggiando moltissime imprese che esportano».
E quali sono oggi gli umori di questo mondo che lei conosce bene anche grazie al Circolo delle imprese?
«Io vedo una forte disponibilità a collaborare con la politica per recuperare
una dimensione concreta e positiva. Il circolo è questo, è uno strumento. Il vice premier Di Maio li ha definiti prenditori, questo governo li usa come pagatori e li penalizza, ma sono quelli che tengono in piedi il Paese».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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