Grimoldi (Lega): "La legge anti burqa diventi di Stato"

Grimoldi (Lega): "La legge anti burqa diventi di Stato"

Estendere a tutta Italia il divieto di indossare il burqa nei luoghi pubblici per ragioni di sicurezza. Lo chiede Paolo Grimoldi, deputato nazionale e segretario regionale della Lega, dopo la sentenza della prima sezione civile del Tribunale che ha salvato la legge della Regione Lombardia. Il burqa è il velo che copre l'intera testa lasciando scoperti solo gli occhi. «La sentenza della prima sezione civile del Tribunale di Milano, che ha rigettato il ricorso di quattro associazioni che chiedevano di dichiarare discriminatoria la legge della Regione Lombardia del 2015 che vieta l'uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, conferma l'opportunità e la giusta finalità di questa legge regionale, che ora deve essere estesa a tutto il territorio nazionale» dice Grimoldi. «La nostra Costituzione - aggiunge - prevede diritti e libertà per ogni cittadino ma abbinati a ben precisi doveri, il primo dei quali è il rispetto di tutte le nostre leggi, comprese quelle leggi degli anni '70 che impediscono di girare in pubblico con caschi, passamontagna o copricapi che non permettono il riconoscimento della persona. È giusto, come confermato dal tribunale, vietare l'uso del burqa in pubblico, come ha già fatto la Lombardia, unica Regione ad aver fatto una legge per questo, e ora occorre adeguare la normativa statale: il Parlamento discuta e approvi la proposta di legge presentata, da tempo, dalla Lega per vietare a livello nazionale l'uso di veli o copricapi che impediscano il riconoscimento in tutti i luoghi pubblici».

Secondo i giudici milanesi, imporre alle musulmane di togliersi il velo se vogliono entrare negli ospedali e negli uffici pubblici, è un grosso sacrificio, dal momento che «comporta di fatto un particolare svantaggio per le persone che aderiscono a una determinata religione» ma, come riporta il Corriere della sera, non è

discriminatorio perché è «oggettivamente giustificato da una finalità legittima, ragionevole e proporzionata rispetto al valore della pubblica sicurezza». Conclude Grimoldi: «Vietare il velo islamico non è una norma razzista».

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