Guaglianone: «'Ndrangheta? Io non c'entro con le cosche»

Reazione indignata e annuncio di querele: Pasquale «Lino» Guaglianone è furibondo per la pubblicazione sul Giornale del rapporto dei commissari antimafia di Reggio Calabria che lo mette in collegamento con personaggi in contatti a loro volta con la 'ndrangheta. Secondo la Dia, nello studio di Guaglianone in via Durini si incrociavano affari di molte società operative sull'asse Reggio-Milano nella penetrazione.
«La verità - dice Guaglianone, già candidato Pdl alle Regionali e consigliere d'amministrazione delle Ferrovie nord - è che io di queste cose non so assolutamente niente, non sono indagato e non sono mai stato nemmeno interrogato. E queste pubblicazioni hanno effetti devastanti sul mio lavoro».
Però il suo nome compare ripetutamente nei rapporti della Dia di Reggio Calabria, e così pure l'indirizzo del suo studio di via Durini.
«Il problema non riguarda me ma un giovane professionista del mio studio che si chiama Bruno Mafrici, e che per quanto ne so non è accusato di avere rapporti con la 'ndrangheta ma al massimo con la Lega Nord. E io cosa c'entro?»
Mafrici portava nel suo studio gente particolare. Come Paolo Martino, che per la Procura di Milano è uno dei capi della 'ndrangheta al nord. Li hanno fotografati insieme sotto il portone.
«Quando uscì quella foto io Mafrici l'ho ribaltato. Ma ribadisco che per quanto ne so io Mafrici è della Lega, aveva consulenze con il ministero della semplificazione (retto allora da Roberto Calderoli, ndr), e non si capisce a che titolo io potessi andare a controllare con chi si incontrava».
Lei era socio anche di Michelangelo Tibaldi, che nel rapporto dei commissari è indicato come il curatore degli interessi del boss Santo Crucitti.
«Non mi risulta affatto che l'ingegner Tibaldi sia accusato di essere un criminale. Con lui facemmo una sola operazione nel 2007, rilevando la società che possedeva Palazzo Tibi a Reggio».
L'operazione di affitto di quella sede all'Azienda sanitaria provinciale è uno dei temi del rapporto dell'antimafia.
«Ma noi da quell'operazione ci siamo sganciati, e Tibaldi si è ripreso lo stabile.

Io sono rimasto amministratore delle società solo perché erano ancora aperte le fideiussioni».
É vero che ha dato lei la sede ai neofascisti di Casa Pound?
«Il negozio di via San Brunone? Sì, ai ragazzi serviva un posto per vendere le magliette»

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