Ha sconfitto un tumore e adesso aiuta le donne in Madagascar

Quando ha scoperto di avere un tumore al seno - un nodulo sospetto l'aveva messa in allarme - ha avuto paura e angoscia per le cure, il futuro, la famiglia, i figli. Ma allo stesso tempo ha avuto una certezza: la vita non deve essere legata al privilegio della ricchezza. Da questa consapevolezza si è concretizzata la «Fondazione Akbaraly» e poi il progetto «4aWoman» di cui hanno beneficiato oltre 10 mila donne in due anni in Madagascar.
Protagonista dell'iniziativa è Cinzia Catalfamo Akbaraly, una milanese, bocconiana, dalla vita assai singolare. Cinzia conosce casualmente Ylias, un ricco imprenditore malgascio di origine indiana, che diventa pochi giorni dopo suo marito: era il giugno del 1993. Ylias ha una lunga cultura di filantropismo. E infatti, quando conosce Cinzia, già finanzia l'associazione «Fihavanana» (che vuol dire solidarietà) che si occupa di bambini abbandonati, oltre 20mila dal '95. Tutto va bene: Akbaraly nei suoi affari, Cinzia, che oggi ha 47 anni, nella cura dei quattro figli (Eileen, 18 anni, Imran, 17enne, Yara, 14 ani, e Ali, il più piccolo, che di anni ne ha 9) e in quella dei bimbi senza genitori di «Fihavanana». In più la donna è console generale onorario italiano nel Madagascar, cosa rara nel Paese africano dove le è stata concessa anche la doppia cittadinanza.
La sorte, però, può essere beffarda: la malattia di Cinzia, il tumore al seno, si evidenzia nel febbraio del 2009. Così lei prende l'aereo e viene a Milano. Operata in aprile all'Ieo (l'Istituto europeo di oncologia fondato dal professor Umberto Veronesi nel 1994, ndr) Cinzia ce la fa, guarisce. Anche se, come sanno tutti i malati di tumore, dovrà sottoporsi a controlli ogni sei mesi per il resto della vita.
È in quel momento che scatta in lei una riflessione precisa: «Perché - si chiede - io devo avere la possibilità di curarmi e le donne malgasce no?». Detto, fatto. Cinzia Catalfamo Akbaraly struttura l'associazione e il progetto, nato nel giugno del 2010, raccogliendo oltre due milioni di euro in gran parte donati dal marito. Progetto che prevede sensibilizzazione, prevenzione e cura dei tumori femminili, prima nel sud del Madagascar, a Haute-Matsiata, quindi nel nord del Paese, a Boeny e poi ovunque.
Poiché l'85 per cento dei malgasci vive nelle campagne viene approntata anche una prima unità mobile; negli ospedali, intanto, vengono creati reparti oncologici e formati medici e infermieri. E così sono stati eseguiti oltre 6 mila pap-test e più di 1.000 test hpv, che permette di individuare le donne potenzialmente a rischio di papilloma virus, il cancro al collo dell'utero: la positività, in Madagascar, è purtroppo superiore al 20 per cento.


Così ora, grazie a questa milanese, si dispone della chemioterapia e di prestazioni mediche specifiche anche in Madagascar. E, con l'apertura dell'Istituto oncologico dell'Oceano Indiano, l'offerta è aperta anche alle nazioni vicine.

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