I musei civici «privatizzati» Ecco la sfida del Comune

Stefano Giani

Il Comune «privatizza» i musei civici. Detta così, può suonare blasfemia ma - ragionandoci sopra - è novità esplosiva. E domani sarà una giornata storica per Palazzo Marino perché verranno aperte le buste di un bando inedito. La gestione delle biglietterie delle collezioni comunali che a Milano sono sette: Castello sforzesco, Museo Rondanini, Museo archeologico, Galleria d'arte moderna, Acquario, Museo di Storia naturale, Museo del '900. Non solo biglietti, però. Le mansioni richieste riguardano il servizio assistenza clienti, i report sui profili dei visitatori, le postazioni di lavoro hardware e software. Con relative manutenzioni.

Ebbene, un passo avanti. In soldoni, il Comune ha tolto a sè e alla sua pachidermica macchina burocratica un servizio che, evidentemente, non si ritiene capace di fornire con la competenza ed efficacia dei privati. Applausi. L'autocritica è sintomo di intelligenza, ma il tarlo del dubbio assale. Che cosa accadrà domani quando l'autorità aprirà le sospirate offerte e si conoscerà il nome del vincitore? Beninteso, poco interessa che Caio l'abbia spuntata su Sempronio e Tizio abbia il dente avvelenato. A premere è il criterio.

La verità è che il Comune con questo bando ha messo in discussione se stesso.

Non tanto nel voler affidare ad altri quel che lui non riesce a fare bene - nonostante le cifre sbandierate, i musei civici di Milano fanno meno visitatori della sola Venaria Reale di Torino - quanto perché da quella busta usciranno appaltatori che hanno promesso di lavorare di soli numeri a differenza di chi invece nell'offerta avrà incluso anche promozione e rilancio. Ovvero, il passato di tanti bandi anni Ottanta in cui trionfa il ribassista o il futuro di chi sa che rilancio fa rima con maggiori incassi. Solo allora sapremo se Milano ha sterzato davvero.

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