«I numeri non bastano, qui cause uniche»

Fabio Roia è stato pubblico ministero a Milano, poi membro del Consiglio superiore della magistratura; oggi è giudice penale del capoluogo lombardo. Del sistema giustizia, dunque, conosce pregi e difetti.
Il ministero della giustizia prevede il «taglio» a Milano di trentadue giudici e undici pubblici ministeri. In sostanza, il ministero dice che siete in troppi.
«Alla competenza del tribunale di Milano verranno tolte le zone di Rho, Legnano e Cassano d'Adda. Se la riduzione degli organici è collegata e commisurata a questo ridimensionamento territoriale è accettabile. Altrimenti non lo è».
Il ministero dice che bisogna tagliare comunque, perché la produttività media del magistrato milanese è insufficiente. Le statistiche, si dice, parlano chiaro.
«E invece le statistiche non parlano affatto chiaro, a meno che non siano ponderali: ovvero, se non si incrociano i numeri con la realtà. Non ha alcun senso conteggiare le sentenze emesse se non si analizzano quantità e complessità di quelle sentenze. Non tutti i processi sono uguali. Milano, per il suo tessuto sociale ed economico, produce un contenzioso di una complessità assolutamente unica. Cento sentenze fatte in serie possono essere meno onerose di una singola sentenza in materia di concorrenza o di proprietà intellettuale».
Resta il fatto che se un cittadino entra nel Palazzo di giustizia milanese, specie nelle ore pomeridiane, non ha la sensazione di una attività frenetica.
«Il pomeriggio non ci sono molte udienze. Ma secondo lei quando si scrivono le sentenze? A casa: il pomeriggio, la sera, nei giorni festivi, durante le vacanze. So di sfidare l'impopolarità, ma le assicuro che fare il magistrato è un lavoro altamente usurante. Un giudice oggi è sottoposto a pressioni insopportabili».
Rimedi?
«Tra i tanti, ne indico uno che non è più rinviabile.

Se la giustizia è un servizio, chi la utilizza in modo improprio deve affrontarne i costi: come chi va al pronto soccorso per un problema da codice bianco. Chi fa causa in modo temerario, chi si oppone senza motivo, deve pagare. E pagare salato».

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