Cronaca locale

I ritmi indie rock di Feist da Calgary alla Triennale

Stasera al Teatro dell'Arte la cantante canadese che ha battuto la depressione chiude la rassegna

Luca Testoni

Le vie della popolarità sono infinite. In Italia, Feist, 41enne cantautrice canadese originaria della Nova Scotia, sarà la protagonista del concerto di chiusura di «Tri.P.», la prima edizione della rassegna promossa dalla Triennale da Ponderosa Music & Art, in programma stasera alle 21 al Teatro dell'Arte. L'ingresso costa dai 40 ai 45 euro, ma l'artista - volto ormai conosciuto - ha fatto parlare di sé in una circostanza quantomeno singolare.

Chi non ricorda infatti il processo di Perugia che ha cercato (inutilmente) di fare luce sull'omicidio della studentessa britannica Meredith Kercher e nel quale furono coinvolti Raffaele Sollecito e Amanda Knox? Ebbene, Feist salì alla ribalta delle cronache nostrane quando si venne a sapere che era l'artista preferita proprio di Amanda, la coinquilina prima accusata di aver concorso nel massacro e poi assolta, e che le sue canzoni erano l'unico «conforto» per l'indagata.

La pubblicità, magari non del tutto desiderata, testimoniava però anche quanto Feist fosse già piuttosto «in» tra gli ascolti dei giovani d'Oltreoceano già una decina di anni fa.

Passata dal punk-rock egli esordi di Calgary, quando suonava in una band di nome Placebo (solo omonima del bel più famoso trio di Brian Molko), all'indie-rock del collettivo di Toronto Broken Social Scene (con il quale è proprio tornata a cantare assieme di recente in occasione dell'album Hug of Thunder), Feist, che nel suo vorticoso zigzagare artistico ha pure collaborato con l'eccentrico produttore-polistrumentista Chilly Gonzales e con una rapper sui generis come Peaches, ha in seguito trovato la sua strada dedicandosi a distillare canzoni d'autore elettriche con le quali esprimere, sempre con approccio romantico e disincantato, gli alti e i bassi della sua quotidianità.

Perciò, non stupisce che sia la stessa artista ad aver realizzato tante hit dalle atmosfere giocose come «1234», «I feel it» e «Mushaboom» quanto un disco volutamente scarno e crudo come il nuovissimo Pleasure. Al contrario di quello che sembrerebbe lasciar presagire il titolo (piacere, ndr), il quinto album in carriera, registrato volutamente «sporco», come se fosse un provino, sembra sia stato composto per esorcizzare la sua uscita dal tunnel della depressione e, perché no, confrontarsi su grandi temi, come il senso della vita.

Tuttavia, è sufficiente spulciare qualche video da YouTube per avere un assaggio del tour che farà tappa stasera a Milano e riscoprire la signora Feist di nuovo in gran forma che, armata di chitarra acustica elettrificata e con un abito rosso fuoco, sensuale al punto giusto, snocciola tutta una serie di ballad dai sapori folk e blues e in cui si avverte un'ammirazione incondizionata per una collega più grande come l'inglese PJ Harvey.

Un'altra cantautrice che non ha mai mancato di cercare la verità sotto la superficie dei sentimenti.

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