Immigrati, rischio caos per gli uffici Anagrafe

L’allarme dopo il decreto sulla cittadinanza: se ci saranno deleghe ai Comuni sarà emergenza

Giacomo Susca

«Attenti con quei numeri perché sono esplosivi. A settembre, se il decreto Amato diventa legge, chi ci aiuta a gestire le richieste di tutti coloro che vorranno diventare italiani?». Sull’Ufficio di stato civile pende la spada di Damocle degli oltre settantamila immigrati che potrebbero ricevere la cittadinanza italiana in virtù delle nuove norme varate venerdì scorso dal Consiglio dei ministri. Ben altra cosa rispetto agli attuali mille «giuramenti» l’anno.
In Direzione anagrafe si attende con ansia che il ddl compia l’intero iter parlamentare e se ne definiscano gli aspetti applicativi. Si teme infatti che alla fine, nonostante la mediazione in sede Anci, a Roma prevalga la linea delle deleghe ai comuni. L’assessore alla Qualità e ai servizi al cittadino, Stefano Pillitteri, ha già manifestato tutte le sue perplessità riguardo al provvedimento appena approvato, auspicando che il governo Prodi non lasci sole le grandi città metropolitane ad affrontare una così massiccia domanda di regolarizzazione da parte degli stranieri residenti. «Chiediamo indicazioni precise su come regolare l’accesso ai servizi di modo che non si crei ulteriore disagio agli altri cittadini - ha affermato Pillitteri -. In base alla legge finora in vigore le pratiche per l’acquisizione dello status spettano prima alla prefettura, ma ci aspettiamo lo stesso un impatto notevole sui nostri uffici».
Sul settore Stranieri, peraltro oberato di lavoro anche in un’ordinaria giornata di agosto, incombe pure lo «spettro» dell’autocertificazione. «Se decidono che la cittadinanza si potrà ottenere estendendo la semplificazione amministrativa - avvertono nei corridoi di via Larga 12 - per noi saranno problemi». Sarebbe a dire lunghe code di immmigrati sin dall’alba, mancanza di personale sufficiente a far fronte alle domande, necessità di traduttori per le comunità più «chiuse» (tipo quella cinese) e di un aumento dell’organico preposto alla sicurezza. Quando c’è assembramento di così tante etnie nello stesso luogo il pericolo di disordini è dietro l’angolo. In passato, all’epoca della sanatoria 2003, entrarono in servizio vere e proprie squadre d’emergenza costituite all’interno da impiegati comunali «prestati» da altri dipartimenti, e all’esterno da vigili urbani che garantivano l’ordine pubblico. Inoltre si prevede un «effetto stampa» dovuto alla diffusione di notizie in merito alle nuove regole e, ancor più, il passaparola tra i diversi gruppi di stranieri che vivono in città. «Non molto tempo fa tra i filippini si sparse la voce (infondata) di possibili ricongiungimenti facili coi familiari del Paese d’origine - raccontano all’Anagrafe -. Da un giorno all’altro si presentarono in migliaia a chiederci come fare, e dovemmo spiegare loro che si trattava di una falsa notizia».
Oggi, invece, è tutto vero: dai ricongiungimenti alla cittadinanza. Buon per gli ottantamila stranieri di Milano, tra immigrati in Italia da almeno cinque anni e nati sul territorio dello Stato.

La mappa delle presenze nelle 9 zone cittadine dice che è lecito aspettarsi un boom di neo italiani nel quartiere Stazione centrale e alla Comasina, Affori e Bruzzano (più di ventimila in totale). A beneficiarne saranno asiatici, sudamericani, europei non comunitari (albanesi e romeni in testa) e provenienti da Paesi arabi (egiziani e marocchini in particolare).

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