Quale che sia l'esito del ricorso della Procura contro le assoluzioni (tre su quattro) del primo gruppo di imputati di devastazione, la vicenda giudiziaria nata dal giorno di fuoco vissuto a Milano il Primo Maggio 2015 non è destinata a chiudersi in fretta. Il pm Piero Basilone ha sul suo tavolo una seconda inchiesta, con una trentina di nomi di partecipanti al corteo anti-Expo individuati grazie alle indagini della Digos. E, soprattutto, sul tavolo del pm c'è un ulteriore rapporto della Questura con una lunga lista di altri nomi di estremisti individuati incrociando indagini tradizionali con l'esame ad alta tecnologia delle fotografie e delle riprese video realizzate durante le imprese del «blocco nero». Nomi che sono destinati a finire nel registro degli indagati nell'inchiesta stralcio condotta dalla Procura.
Il pm Basilone sa di muoversi su un terreno delicato, e di dover fare i conti con approcci garantisti da parte di suoi colleghi. Per questo è probabile che la sorte del primo gruppo di militanti antagonisti identificati e sotto inchiesta sia una richiesta di archiviazione: erano certamente presenti nello spezzone più caldo del corteo, erano lì quando sono stati assaltati i reparti delle forze dell'ordine, ma non hanno partecipato direttamente. Per il codice sono «conniventi» con i comportamenti dei violenti, ma non propriamente complici, e quindi portarli a processo rischia di non essere facile.
Ben più aperta la sorte degli altri militanti dei centri sociali identificati e denunciati nell'ultimo rapporto stilato dall'ufficio politico della Questura. È l'atto finale delle indagini compiute a partire dalle ore immediatamente successive al corteo che devastò Milano per protesta contro l'inaugurazione di Expo 2015. Dell'esistenza di questo ultimo filone di inchiesta dà atto la stessa giudice Nunnari quando nella sua sentenza scrive che i quattro italiani sotto processo davanti a lei (un quinto è latitante) avevano agito in concorso con i cinque greci già identificati e con «trecento persone in corso di identificazione appartenenti al cosiddetto blocco nero». In realtà, nel rapporto finale sono stati individuati solo una piccola parte dei trecento del «blocco»: qualche decina di nomi, non di più. Tutto nasce, d'altronde, dalla scelta compiuta il Primo Maggio dai vertici della Questura d'intesa col Prefetto di non chiudere il cerchio intorno allo spezzone violento del corteo quando all'incrocio con via Mario Pagano sarebbe stato possibile. Ma sarebbe volata inevitabilmente qualche manganellata. Così gli antagonisti che poco prima si erano disfatti - protetti dai fumogeni - di passamontagna e tute nere avevano potuto lasciare indisturbati la zona. E il lavoro per identificarli è stato compiuto a ritroso, con le difficoltà che si possono immaginare.
Ma il
lavoro della Digos, lungo e meticoloso, è riuscito comunque a individuare un altro folto gruppo presente nello spezzone dei Trecento. C'è voluto tempo: ma il reato di devastazione, fortunatamente, si prescrive lentamente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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