Incudine porta in scena il mito nero di Barbablù

Al Carcano debutta la favola interpretata dal cantastorie siciliano, regia di Moni Ovadia

Incudine porta in scena il mito nero di Barbablù

Barbablù, come è noto, è un fiaba trascritta da Charles Perrault, che ha subìto varie interpretazioni nel corso del tempo, fino a trasformarsi, da storia cruenta, in storia edificante. La vicenda del sanguinario uxoricida, uomo ricchissimo e crudele, finì per essere associata a quella di un serial killer, avendo ucciso ben sei mogli. Moni Ovadia lo ha analizzato alla luce di una indagine psicanalitica, ricorrendo a un impianto musicale, dovendosi avvalere di un attore musicista come Mario Incudine che aveva appena diretto in un Liolà di Pirandello, trasformato in una sorta di teatro canzone, a lui tanto caro. Stasera lo spettacolo debutterà sul palcoscenico del Teatro Carcano, nalla versione di Costanza Di Quattro, con le musiche eseguite dal vivo, da Antonio Vasta. Viviamo in tempo di adattamenti e di rifacimenti, Costanza Di Quattro ha riscritto la storia, costruendola sul protagonista che, a sua volta, ha trovato delle «nuove corde» per rendere Barbablù un personaggio contemporaneo, ricorrendo a un sorta di delirio surreale che, però, pone, al centro dell'azione, un uomo la cui vita è stata caratterizzata da un'infanzia infelice generata da frustrazioni familiari che ben si adattano a una interpretazione psicologica, attraverso la quale si cerca di penetrare nel cervello di un essere umano che ha finito per uccidere le donne che diceva di amare. Ovadia ha mantenuto la dimensione favolistica, affidandola alla partitura musicale, ma, nello stesso tempo, ha fatto riferimento ai racconti noir, dove il colore del sangue attrae e ripugna come in un film di Dario Argento. Grazie a Mario Incudine, che alterna recitazione, canto, e «cuntu», la favola sembra immergersi nei luoghi incantati e misteriosi che contraddistinguono la sua struttura dove si consumano i vari delitti.

È proprio la dimensione musicale che rende diverso il Barbablù di Ovadia che non è quello tramandatoci, ma quello che utilizza il luogo scenico per inventare un processo analitico da adattare ai traumi di un personaggio che finisce per apparirci in una nuova veste.

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