«Rita is back», la Pavone è tornata e per intere generazioni cresciute con la televisione di Gian Burrasca non è un evento che può lasciare indifferenti. Anche perchè il tour che debutta martedì sul palco del Ciak non è un qualsiasi revival, magari un po' intristito dal sapore dell'amarcord. A settant'anni, l'ex terremoto Pel di carota si rimette completamente in gioco dopo la grande soddisfazione personale - e il successo di critica - del suo disco Masters, raffinata rivisitazione di cover americane degli anni '50, passando da Hoagy Carmichael a Burt Bacharach a Bobby Darin.
Insomma, signora Pavone, abbasso la nostalgia?
«Sì, e sono emozionatissima non soltanto dal fatto di tornare sul palco ma perchè sto realizzando un sogno che avevo nel cassetto fin da ragazzina. Fin da quando cioè un amico di mio padre che lavorava sulle navi ci portava i nuovi dischi degli americani - da Bobby Darin a Jerry Lee Lewis - mentre qui si ascoltava al massimo Claudio Villa. Ecco, tra me e me dicevo: un giorno voglio cantare queste canzoni...».
Già prevedeva il suo destino?
«Sapevo che avrei voluto fare la cantante, ma mi sarei accontentata anche di fare la corista. Ho avuto tanto, tantissimo, però...».
Però?
«Dopo il successo ho dovuto anche incidere tanta roba che non mi piaceva affatto per doveri contrattuali. E non mi potevo azzardare a proporre cambi di rotta come sarebbe giusto che avvenga in una carriera artistica. Ormai avevo un clichè appiccicato addosso...».
La pappa col pomodoro?...
«Quello è un brano che non rinnego affatto ma che è stato un po' equivocato, estrapolato dal contesto di una colonna sonora, scritta da Nino Rota per Gian Burrasca, che è semplicemente straordinaria. Alla Pappa è successo un po' come alla Donna è mobile del Rigoletto di Verdi».
Al concerto la canterà?
«I miei pezzi in scaletta ci saranno eccome, anche se rivisitati grazie al maestro Cremonesi, e trasversali ai classici swing di cui sono interprete. Sarà una sorpresa...»
Ma come le è venuta l'idea di tornare in scena?
«Premetto che avevo già da tempo deciso di chiudere la carriera a 60 anni e questa convinzione si è rafforzata per il fatto che iniziavo a detestare quello che facevo. Una volta chiusi i contratti mi resi conto che ero finalmente libera. Ma la scossa me l'ha data Renato Zero».
Renato Zero?
«Sì, molti non se lo ricorderanno ma Renato era uno dei Ragazzi di Rita, i ballerini che mi accompagnavano in Geghegè, tra cui comparivano Stefania Rotolo, Mita Medici e la Bertè. Lui nel 2010 mi invitò sul palco della sua festa di sessantesimo. Fu una sorpresa per tutti, ma specialmente per me quando mi accorsi dell'affetto del pubblico...».
E dopo?
«Renato mi telefonò e disse: a Ri', guarda che tutta Roma parla de te!. Allora mi dissi, ora o mai più».
E venne l'incisione in inglese con alcuni brani tradotti, e adesso il tour.
«Sì, perchè lui è un entusiasta e non avrebbe tenuto la bocca chiusa. Ma quando ha sentito il disco, con tutto lo swing che c'è dentro, è stato felicissimo. Un crooner come lui...».
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