l’intervento 2

Il dibattito su ruolo e localizzazione del progetto della Città della Salute, che era nata avendo come perno l'integrazione operativa tra l'Istituto Nazionale dei Tumori e l'Istituto Neurologico 'Carlo Besta', si è andato arricchendo, ma anche complicando. Un Gruppo di autorevoli medici ha, ad esempio, sostenuto l'inutilità di una più stretta collaborazione, in quanto «le consonanze tra l'Istituto dei Tumori e l'Istituto Neurologico Besta sono del tutto marginali». La categorica affermazione mi risulta poco convincente. Già oggi, infatti, i due Istituti hanno in comune attività non marginali, come ad esempio la collaborazione nella ricerca e cura dei tumori cerebrali e, in particolare, di quelli infantili e pediatrici. È sulla base del prevedibile futuro riguardante le esigenze di cura e, soprattutto, della ricerca, dato il carattere dei due Istituti, che gli esperti di sistemi sanitari dovrebbero valutare l'opportunità dei rilevanti investimenti richiesti da effettuarsi con denaro pubblico, soprattutto in tempi di risorse scarse. L'evoluzione delle conoscenze scientifiche ha evidenziato che lo studio delle diverse patologie è sempre meno legato all'organo colpito, ma, ad esempio, sempre di più alle alterazioni di proteine o di geni che hanno un ruolo trasversale nell'evoluzione di diverse, e apparentemente lontane, malattie. Lo sviluppo della medicina molecolare e della farmaco genomica richiedono sempre di più un approccio sistemico, gli addetti parlano di system biology, che necessità di una molteplicità di competenze la cui organizzazione va pensata ex novo.
Lo stesso dicasi per il ruolo trasversale che vanno assumendo anche le tecnologie diagnostiche, sempre più sofisticate, ma sempre più costose e difficili da ammortizzare se non adeguatamente utilizzate. Hanno sicuramente ragione gli esperti a ricordare la necessità di una localizzazione che preveda l'interconnessione con un ospedale generale dotato di pronto soccorso e di terapia intensiva, sostituibile con l'integrazione con la Fondazione Monzino, sicuramente sinergica con il Besta, a partire dal campo della ricerca e cura dell'ictus cerebrale, una delle maggiori patologie mortali o invalidanti.
Finisco con un proposta provocatoria che tiene però ben presente la necessità di ottimizzare risorse scarse. Perché non portare Besta, Istituto Tumori e Monzino dove sorgerà il Cerba. In questo modo verrebbe meno la necessità di 700 posti letto aggiuntivi previsti per il Cerba, risparmiando in investimenti e sulla spesa corrente per i successivi rimborsi, e si risparmierebbero gli oltre 100/120 milioni di euro per i lavori che si renderebbero necessari per lasciare dove è oggi l'istituto di via Venezian, in un ruolo che nel tempo lo renderebbe marginale. Inoltre, utilizzando il d.l. del 24 gennaio 2012 sullo sviluppo delle infrastrutture, che prevede la realizzazione di «un'opera privata destinata all'esercizio di un pubblico servizio», si potrebbe risparmiare sui costi di investimento per la costruzione delle nuove strutture, che verrebbero compensate gradualmente dall'affitto e dal valore dell'immobile al termine del suo utilizzo pubblico.


In questa ipotesi, al Comune di Milano potrebbe, addirittura, ritornare da subito la disponibilità di una parte del terreno, mentre si realizzerebbe uno straordinario polo di ricerca e di cura.

ex assessore alla Sanità
della Regione Lombardia

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