«Un ragazzo figlio di contadini che sognava il mondo ma che mai avrebbe immaginato di percorrerlo». In quel passaggio del suo autoritratto, che apriva un libro intervista stampato nel 2014, il vicepresidente della Regione Lombardia mostrava con orgoglio la sua «Storia di un arconatese». E in effetti Mario Mantovani di strada ne ha fatta tanta, come imprenditore e poi politico. Ma sempre tornando ad Arconate, il suo paese-feudo di 6mila abitanti nell'alto Milanese, un Comune che ha a lungo amministrato da sindaco - ed è solo uno dei capitoli di una carriera costellata di incarichi e voti.
Mario Mantovani è nato nel 1950 in quella che definisce «una famiglia di sani principi tanto ricca di affetti sinceri quanto scarsa di privilegi». Ultimo di quattro figli che «dormivano tutti nella stessa stanza» e per scaldarsi infilavano sotto le lenzuola «un mattone riscaldato nella stufa». È bravo a scuola. Si laurea in Lingue. Insegna, dirige un istituto, fonda due licei. La scuola è una delle sue passioni. L'altra è la politica che lo porta a una prima esperienza da assessore dc. Del notabile democristiano ha tutto: l'infaticabile capacità di raccogliere consenso, la moderazione come religione. La sua prima vera grande scommessa politica sono le Europee del 1999, quando nelle liste di Forza Italia viene eletto con 39mila preferenze. Nel 2004, anno delle rielezione, raggiunte quasi quota 50mila. Come imprenditore «impegnato nel sociale» crea la cooperativa Sodalitas e la fondazione Mantovani. Le case famiglia che fonda vengono accolti un gran numero di anziani e disabili e occupano circa 1.200 addetti.
Intanto viene eletto sindaco con la lista «Grande Arconate» che nel 2001 ottiene il 51% e nel 2006 arriva al 68%. Nel 2008 un'altra svolta: viene eletto al Senato della Repubblica e nominato sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e Trasporti. A fine 2008, in Consiglio comunale, i suoi si dimettono per permettergli di ricandidarsi una terza volta e nel 2009 viene confermato dai concittadini con il 66%. Nel 2011 un altro incarico: diventa coordinatore regionale del Pdl succedendo a Guido Podestà. Nel 2013 viene rieletto al Senato ma intanto alle elezioni regionali in Lombardia ottiene un exploit di preferenze che gli valgono il posto di vicepresidente e assessore alla Sanità. E sceglie di lasciare il Senato per gestire la delega più pesante della più grande Regione italiana, un incarico paragonabile a un ministero. Lo regge fino a pochi giorni fa. Il 1° settembre lascia la Sanità ma conserva il posto da vicepresidente, anche se con deleghe minori: i Rapporti con l'Unione Europea, alla Programmazione comunitaria e alle Relazioni internazionali. Un altro vecchio «pallino», quello della politica estera e internazionale (ha fatto parte anche della commissione Esteri).
«Ho ricoperto incarichi di grande prestigio - ha scritto di sé - nelle istituzioni più alte, ma non ho mai perso il contatto con la mia gente: ho girato il mondo ma sono sempre stato impaziente di tornare nella mia Arconate: è qui che ho le mie radici, gli affetti più sinceri, la “zavorra buona” che mi tiene ancorato all'essenzialità».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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