Coronavirus

L'esercito rivede la gente di Codogno: "È emozionante"

La storia dell'infermiere militare che assisteva i malati e poi si è contagiato

L'esercito rivede la gente di Codogno: "È emozionante"

L'esercito torna a Codogno, per salutare i cittadini che nei giorni della prima zona rossa d'Italia ha affiancato e aiutato. E per augurare buon anno scolastico ai ragazzi con un regalo, il Diario dell'esercito 2021. Ieri gli studenti di terza media dell'istituto «Ognissanti» e dell'istituto «Piera Andreoli» hanno ricevuto l'agenda dagli uomini e le donne della forza armata. È la stessa usata dagli allievi delle scuole militari dell'esercito. Erano presenti insieme ai soldati il vice prefetto vicario di Lodi Michele Giacomino, il sindaco di Codogno Francesco Passerini, il questore di Lodi Giovanni di Teodoro, una rappresentativa di allievi della Scuola militare Teulié di Milano con il comandante, il colonnello Daniele Pepe, e il colonnello Salvatore També, comandante di Strade sicure in Lombardia durante le prime fasi della pandemia.

Durante l'emergenza Covid l'esercito ha impiegato in Italia fino a 200 militari tra medici e infermieri. Uomini e donne addestrati e abituati alle missioni all'estero, che si sono ritrovati a dare una mano negli ambulatori e nelle Rsa. Ieri a Codogno è tornato anche il maresciallo ordinario Andrea Teodori, sottufficiale infermiere della brigata Granatieri. Teodori, 42 anni e con all'attivo missioni in Afghanistan, Libano e Kosovo, era arrivato a Codogno il 9 marzo, in pieno tzunami. «Subito siamo stati assegnati a servizi di sostegno alla popolazione - racconta -, in particolare di continuità dell'assistenza medica». In quei giorni infatti mancavano i medici di base, molti di loro si sono ammalati, alcuni sono morti. I medici e gli infermieri in mimetica hanno svolto le funzioni dei dottori di famiglia dei comuni più colpiti. Continua il maresciallo: «Il mattino visitavamo i pazienti in ambulatori creati ad hoc e il pomeriggio davamo supporto all'interno delle Rsa della zona. Medici e infermieri militari entravano in turno al fianco degli operatori sanitari delle case di riposo».

Siamo nei primi giorni dell'emergenza, quelli della più forte incertezza e della paura. «Le persone che vedevamo - spiega Teodori - erano piene di dubbi e preoccupazioni. Gli anziani, la fascia più fragile, ma non solo. Avevano poche e confuse informazioni e cercavano da noi conferme e risposte. Le domande erano dirette e incalzanti: Cosa sta succedendo davvero?, Finirà tutto questo?, Potremo tornare alla nostra vita di prima?. Era normale per noi dare anche un supporto psicologico». I militari sono addestrati per le crisi, ma l'impatto emotivo e mentale di questa situazione mai vista è stato forte anche per loro, ammettono. «Quando ad avere bisogno di aiuto sono i tuoi concittadini, il coinvolgimento è inevitabile. L'approccio con altri popoli di solito è fatto di studio e cautela, quello con la tua stessa gente è più diretto».

Non dimentica Codogno il maresciallo, né l'anziana signora che lo ha ringraziato con uno sguardo dopo che lui l'aveva salvata con una manovra di disostruzione delle vie respiratorie. Il 20 aprile però, nonostante le protezioni indossate lungo tutta l'attività, Teodori si ammala anche lui di Coronavirus e viene ricoverato a Lodi. «Il giorno prima davo una mano ai malati e il giorno dopo ero io ad avere vitale bisogno di aiuto. Non mi era mai successo, mi ha molto colpito». Il ricovero dura una decina di giorni, per fortuna la terapia funziona e il maresciallo guarisce.

Per poi tornare a Codogno: «Rivedere luoghi e volti è stato emozionante».

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