L'impianto scatta se c'è un pericolo o la velocità è alta

Il sistema delle frenate di sicurezza è sofisticato e preciso al millimetro. Forse troppo, visto che nei recenti incidenti ha reagito in modo brusco, causando feriti, là dove non era necessario. La catena: rilevazione di un pericolo-segnalazione-blocco d'emergenza.

La frenata entra in funzione automaticamente ogni volta che vengono registrati un rischio potenziale oppure un superamento della velocità indicata come sicura per un determinato tratto. Il blocco non è gestibile dal macchinista. Per quanto riguarda il rischio, si può trattare di un ostacolo sui binari, cioè una «occupazione», di un calo di tensione, di una persona in galleria, di un malore del manovratore. Tutte eventualità in cui sarebbe auspicabile un intervento di emergenza, anche brusco. Ma a quanto pare troppo spesso (in sette casi su dieci negli ultimi mesi) il rischio rilevato non esisteva. Per quanto riguarda invece la velocità di marcia non consentita, il blocco scatta anche se si supera il limite di pochi chilometri orari. Sabato ad esempio erano solamente 2.69. Non è previsto infatti un margine di tolleranza, nemmeno piccolo. Le cause dell'eccessiva velocità sono state attribuite per lo più a un errore del macchinista.

Il «circuito di binario», l'insieme dei segnali inviati da un tratto di rotaie, è solo un tassello della complessa rete di rilevamento. E la frenata è solo una, la più drastica, delle contromisure che si attivano in caso di emergenza. I problemi legati all'intensità delle frenate e ai «falsi allarmi» che le fanno scattare non sono nuovi. Esistono da quando, nel 2011, è stato introdotto il meccanismo attuale.

Il quale è prodotto da Alstom, colosso francese che fornisce in tutto il mondo materiale rotabile, infrastrutture e reti di segnalamento. Fabbrica anche i treni Tgv. Non è prevista infine neppure una modulazione delle frenate, in caso di rischio minore. Il sistema ha un solo livello: c'è (forse) un pericolo-serve sicurezza massima-blocco totale.

CBas

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