L'orgoglio dei laici agguerriti col Papa e tornati in letargo

L'orgoglio dei laici agguerriti col Papa e tornati in letargo

Milano laica, Milano europea, Milano moderna. Orgogliosamente all'avanguardia nell'affermare la sua laicità. È molto istruttivo ripercorrere oggi le dichiarazioni che si sono susseguite nei giorni che hanno immediatamente preceduto la visita a Milano del pontefice, Benedetto XVI, che a giugno radunò intorno a sé decine e centinaia di migliaia di persone in Duomo e al Parco Nord. È istruttivo ricordare, oggi, l'orgoglio cui dette voce, per esempio, il vicepresidente del Pd, il milanese Ivan Scalfarotto: «Il Papa - avvertì allora - è il benvenuto a Milano, ma questo non può significare che Milano rinunci ad essere una città laica, accogliente e europea». L'ala laica dell'amministrazione comunale, in coincidenza con la visita pastorale, in quei giorni tirava fuori in fretta e furia progetti come le unioni civili degli omosessuali e il testamento biologico. L'assessore del Pd Pierfrancesco Majorino fece perdere la pazienza ai suoi stessi compagni del partito. Ovviamente scatenati i radicali nella loro «impresa laica»: la raccolta di firme che è giunta a compimento in questi giorni e spacca già la sinistra. Il tutto aveva ovviamente il sostegno dell'intellighenzia rappresentata da giornalisti e scrittori impegnati. Il giorno dopo la visita del Papa già si parlava del progetto di iniziativa popolare per il riconoscimento delle unioni civili, con il presidente onorario dell'Arcigay Franco Grillini e l'ex parlamentare di Rifondazione comunista Vladimir Luxuria che da par suo attribuiva a Milano il rango di «capitale laica». E fu in questo clima che Pisapia si sentì in dovere di imbastire in piazza Duomo, davanti al Pontefice che visitava la sua città dopo molto anni, una sorta di lezione. Non un benvenuto, dunque, ma una improbabile e goffa lezioncina laica (senza contare il riferimento al cane Rex) che Benedetto XVI smontò con eleganza e nonchalance e che non di meno fu celebrata a sinistra come il discorso del «non inchino». Di questo atteggiamento è rimasta traccia quando la Curia è stata bacchettata nei giorni della discussione sul registro delle unioni civili.


Sembra lecito chiedersi che fine abbia fatto quell'orgoglio laico e anticlericale, e se un'oncia di quell'ambizione e di quella fierezza, per esempio, non avrebbe potuto tornare utile alle «assessore» che si sono presentate al Ramadan, per pigolare poche banalità sulla «città più giusta». E non hanno avuto il coraggio di pronunciare la parola «donne».

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