L'Udc in Regione prende le distanze dalle dimissioni simboliche (ovvero senza conseguenze pratiche) del Pd. E liquida con parole chiare il modo di fare opposizione della sinistra, proponendo una giunta istituzionale e una specie di terza via. A parlare è il capogruppo, Gianmarco Quadrini: «Non ci facciamo tirare la giacca da nessuno: in questa guerra tra dimissioni solo annunciate, isterici arroccamenti e difese d'ufficio noi andiamo avanti per la nostra strada credendo ancora nella responsabilità istituzionale». Quadrini rivendica «la posizione terza dell'Udc, fuori dagli schemi consunti ed inconcludenti di un bipolarismo muscolare che nel 2010 hanno portato allo scontro per le regionali Formigoni e Penati».
Quadrini rievoca la candidatura di Savino Pezzotta, per ricordare come il partito di Casini a Milano abbia preso le distanze sia dal candidato di Pdl e Lega, Roberto Formigoni, che da quello del Pd, di Sel e Italia dei valori, ovvero Filippo Penati. «Sarebbe un'imperdonabile leggerezza dimenticare i valori e le analisi in campo alle scorse regionali» dice Quadrini, convinto che «questo schema ha semplicemente fallito», perché «i fatti giudiziari e lo stallo politico- amministrativo in Regione Lombardia sono la certificazione dei miseri risultati di un modello che oggi dovrebbe essere sostituito da più ampia responsabilità e severità di analisi di fronte alla grande crisi economica e morale che colpisce anche la nostra regione».
Quadrini ripropone un vecchio leit motiv dell'Udc lombarda, ovvero l'ipotesi di un governo istituzionale per affrontare i temi economici, sul modello di quello romano. Con la differenza che in Lombardia a guidarlo non potrebbe che essere Formigoni: «Piuttosto che dimettersi o avvilupparsi in una spirale senza ritorno, il presidente Formigoni e il Pd dovrebbero ascoltarci e aprirsi alla ricerca di una possibile governabilità di salvaguardia regionale su un programma anticrisi di pochi punti concreti e ridare a Regione Lombardia trasparenza, credibilità ed economicità gestionale.
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