L'uomo dei centri islamici «Stop Charlie, è blasfemo»

Il responsabile Edilizia delle associazioni musulmane: «Rispetto per i morti e per il profeta. Il giornale è odiato»

L'uomo dei centri islamici «Stop Charlie, è blasfemo»

I centri islamici, le moschee e le liste nere: sempre più difficile escludere l'intreccio. L'iniziativa parlamentare di un esperto di terrorismo come Stefano Dambruoso ha acceso di nuovo i riflettori su Milano, per via dell'albo comunale. «Nell'albo delle associazioni religiose risultano iscritte anche realtà e organizzazioni le cui sigle compaiono nelle black list governative di alcuni paesi stranieri» ha avvertito il deputato ed ex pm, rilanciando l'iniziativa del consigliere comunale Matteo Forte, che ha indicato le «black list del ministero degli Interni tedesco e degli Emirati Arabi» riferendosi a due sigle: «La turca Millu Gorus e l'Alleanza islamica d'Italia, il cui indirizzo coincide con quello della stessa sede del Caim» (il coordinamento Centri islamici di Milano). Inoltre, è membro dell'Alleanza islamica d'Italia il responsabile dei Servizi immobiliari del Caim, Omar Jibril, che ha spiegato la sua idea di «euromoschea» nel corso della conferenza stampa in cui il Caim ha preannunciato l'intenzione di impugnare il bando comunale sulle moschee. Ieri Jibril, parlando dei fatti di Parigi, ha detto la sua su facebook: «Immagina - ha premesso - che qualcuno prenda di mira i tuoi genitori, la tua famiglia e tutto ciò che hai di più caro, e che si metta a farne delle caricature offensive, ritraendoli nudi e in pose oscene. L'amato profeta Muhammad è caro e prezioso ad ogni musulmano». «C'è chi lo insulta e lo sbeffeggia chiamando tutto ciò libertà d'espressione» ha continuato, per poi concludere: «Rispetto per le vittime, rispetto per la fede di 1,5 miliardi di persone, rispetto per il profeta Muhammad: fermiamo Charlie Hebdo». Insomma c'è la «condanna» per «la terribile azione terroristica di Parigi» ma la parola d'ordine è «stop Charlie», definita «rivista blasfema, odiata e disprezzata in tutta la Francia». Parole discutibili (condivise da una trentina di amici) che il responsabile legale del Caim Reas Syed vuole leggere così: «Credo volesse dire che il gesto di Parigi è barbarico e riprovevole ma non giustifica un atteggiamento sbagliato verso la nostra religione».

Quanto al tema «black list», Syed si mostra molto scettico: «Qual è la fonte della lista? Viene attribuita agli Emirati ma so che non hanno mai preso posizione ufficiale. Si verifichi - aggiunge - altrimenti potrebbe essere un abbaglio. Le sigle in questione sono già partite con i ricorsi. Se dovessero essere presi provvedimenti della magistratura faremo le nostre valutazioni». Ma Forte non arretra di un centimetro. «Ho citato un rapporto del ministero degli Interni tedesco e c'è poco da discutere - commenta - le fonti sono attendibili, la notizia risaputa». «Comunque il problema è tutto politico - riflette - Vogliamo politicamente legittimare questa realtà, sapendo che c'è una spaccatura su questo anche nei Paesi arabi? Questo è significativo». «Io - precisa - non dico che sono criminali, magari dal punto di vista personale e morale sono meglio di me ma se si trovano in una realtà, in un'area che si trova messa al bando, il punto è politico.

La giunta può decidere che non le interessa nulla e che il Caim con queste affiliazioni acclarate va bene. È una scelta politica, in questo contesto. Quando ho sollevato questi problemi, in commissione, sono stato accolto da risatine e sufficienza. Ora rilevo che il problema politico c'è ed è grande come una casa».

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