Lusso in galleria Manzoni: mini cinema, il teatro resiste

Sarà ridotto a 50 posti un vecchio tempio della celluloide Il palcoscenico invece resterà in vita per almeno 12 anni

Era l'estate del '53 e il muto era in soffitta da decenni. Eppure, Buster Keaton «il comico che non rideva mai» tenne uno spettacolo al Manzoni in compagnia della moglie, Eleanor Norris, molto più giovane di lui. Una gag di 16 minuti, completamente muta perché l'attore inglese che nacque con Chaplin «morì» col sonoro. Artisticamente parlando. Ma già da qualche anno, in quel cinema che proiettava anteprime di prestigio, serate a inviti, feste e presentazioni, si erano presentate stelle di prima grandezza della celluloide del Dopoguerra. La signora Rossellini. Cioè Ingrid Bergman. E Gary Cooper. Ma anche Anna Magnani. Gli «amici miei» Ugo Tognazzi e Gastone Moschin. La «ciociara» Sophia Loren. L'«armata Brancaleone» Enrico Maria Salerno e Vittorio Gassman. Noblesse oblige in platea.Aveva 1.600 posti e, nel tempo, scesero a 1.170. Il primo schermo Cinerama in Italia e il terzo al mondo. Poi venne l'era dei multisala. Era il 2006 e il Manzoni non può essere «convertito». Il banalissimo Hot movie - Il film con il lubrificante di Aaron Seltzer e Jason Friedberg fu il passo d'addio. Chiuse. Per sempre. La stessa sorte era toccata al night club accanto. Cinema, locale per adulti e teatro, in una successione urbanistica che ricalcava analoghi modelli, entravano in crisi. Come avvenne per il Trianon - più noto come Mediolanum - con il Pavilion Dorè. Per favorire il transito di chi si dava alla bella vita. Rimase ed è rimasto solo il palcoscenico. Dove il sipario non calerà. E si continuerà a ridere e a parlare. La sala diventa saletta. Rimarrà per altri dodici anni. Almeno. Lo prevede il progetto di riqualificazione e ristrutturazione approvato da Palazzo Marino per ridare fiato alla Galleria Manzoni, da qualche tempo degradata. L'ombra del vecchio cinema continuerà ad allungarsi. Malinconicamente. Perderà molti posti e ne conserverà solo una cinquantina. Insomma un simulacro. Monumento dei fasti che furono. Uno spazio culturale dedicato alla Settima arte. Natura snaturata. «Preservarlo è una priorità» disse l'assessore Filippo Del Corno un annetto fa. E in molti si mobilitarono per conservare la cultura. Tuttavia Prelios - per tutti l'ex Pirelli Re - ama di più il tintinnar di monete. Come proprietaria dei locali ha già fatto i suoi conti e alla porta bussano le griffe. Signori, si sfila. La contiguità con Montenapo e via della Spiga fanno il resto. Il night, decrepito e impolverato, vedrà brillare gioielli o chissà cos'altro. Come buona parte del cinema che sopravvivrà ridotto all'osso. E da ambo i lati della galleria si affacceranno negozi a cento stelle. Di quelli che non mettono i prezzi in vetrina perché tanto non servono.Si venderà lo stile. Pardon, lo style. Fatto per vip dai portafogli gonfi. La Galleria tornerà a sorridere. Cultura e cinema arretrano.

Resteranno un avamposto nell'impero del lusso. Almeno per dodici anni ancora. Come prescrive l'accordo firmato. Vita prolungata. O forse accanimento terapeutico. Chissà. Poi nel '27 si vedrà. Se vincerà l'arte o il business.

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