Brutto colpo per gli imprenditori lombardi e per l'economia dell'intera regione dopo che con una nota del consiglio dei ministri alla Corte costituzionale il governo ha impugnato la legge regionale «Impresa Lombardia» che aveva istituito, tra l'altro, la riduzione della burocrazia, la moneta complementare all'euro e il «Made in Lombardy», un marchio apposito per tutelare le produzioni del territorio. In più anche i finanziamenti messi in campo da Regione e Finlombarda a «sostegno della crescita competitiva del sistema produttivo territoriale lombardo». In campo, oltre al marchio, anche risorse finanziarie per 500 milioni di euro stanziate per la concessione di finanziamenti, di cui 400 milioni di euro messi da Bnl e Artigiancassa (Gruppo Bnp Paribas) e 100 grazie a Finlombarda. Un'iniziativa rivolta alle micro, piccole, medie e grandi imprese del settore manifatturiero con sede operativa in Lombardia. Lo scopo è finanziare «i programmi di investimento volti allo sviluppo competitivo, alla ricerca, all'innovazione, all'ammodernamento finalizzato all'innovazione di processo e allo sviluppo aziendale».
Sembrava una buona idea quella del marchio. Ma per il governo nulla da fare perché, come si legge nel testo inviata alla Consulta, questi interventi produrrebbero «effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci garantita dall'ordinamento europeo, in violazione degli obblighi comunitari previsti dall'articolo 117 della Costituzione».
«Una decisione incomprensibile - la reazione di Maroni che non ha nascosto la sua irritazione - ci opporremo davanti alla Corte costituzionale. La legge era stata approvata all'unanimità anche con il voto del Pd e dopo un attento esame della commissione».
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